Aikido Today intervista C.Tissier

-Aikido Today Magazine: Sensei, ha cominciato da bambino a studiare l’Aikido?
-Christian Tissier: Si, avevo 11 anni e praticavo Judo. A quel tempo, non c’era un corso per i bambini nel mio club. Dunque, era molto duro per me praticare con gli adulti. Dopo il Judo, c’era un corso d’Aikido seguito da tre o quattro allievi. Avevo sentito dire che in Aikido la forza non era necessaria e che anche “le piccole taglie” potevano proiettare praticanti più robusti. Dunque ho chiesto di poter provare ed i praticanti del corso d’Aikido sono stati contenti di accogliere un nuovo praticante. Il mio primo maestro fu Tavernier Sensei. Dopo due o tre mesi, nel 1964 credo, ho cominciato a studiare con Nakazono Sensei, a Parigi, dove organizzava corsi d’Aikido e di kotodama.

-ATM: Altri allievi, che hanno studiato con M° Nakazono, mi hanno detto che era molto rigido. Mantiene lo stesso ricordo di lui?
-C.T.: Dal mio punto di vista, M° Nakazono era un maestro estremamente importante e non ricordo che fosse rigido. Ricordo, però, che aveva un carisma fuori dal comune: infatti, M° Nakazono aveva studiato numerose arti marziali tra cui il Judo e il Karate. Non penso che praticasse l’Aikido da molto tempo, ma sembra che O-Sensei avesse fiducia in lui, forse per la sua attitudine nell’intrattenere relazioni umane. M° Nakazono fu un buon ambasciatore per l’Aikido! L’insegnamento di M° Nakazono si componeva per il 50% di Aikido e per il 50% di spiritualità. Quando scegliete di studiare l’Aikido, scegliete un’attività fisica; altrimenti scegliereste la pittura o la meditazione! In primo luogo, dovete plasmare il vostro corpo, come se fosse pane, al fine di “sentire” l’arte. Quando avete 16 o 17 anni sentire che “l’Aikido è amore”, non ha nessun significato per voi: e per questo che sono andato in Giappone.

-ATM: C’erano molto persone che studiavano l’Aikido?
-C.T.: Si c’erano circa 800 persone nel gruppo Aikikai diretti da M° Nakazono e da M° Tamura che si chiamava “Associazione Culturale Francese d’Aikido”, e 2000 o 3000 persone nella Federazione di Judo diretto da M° Mochizuki. Durante il mio soggiorno in Giappone, all’incirca nel 1975, le due federazioni si sono fuse, il gruppo Aikikai ha inglobato tutte le altre ed è diventata l’unica federazione francese: “l’Unione Nazionale d’Aikido” (UNA).

-ATM: L’UNA è l’attuale organizzazione francese?
-C.T.: No, l’UNA si è finalmente dissolta, e adesso non esiste più. Dal 1981, vi sono due grosse federazioni in Francia anche se stiamo discutendo circa la creazione di una nuova federazione. In Francia, il sistema è differente da quello degli Stati Uniti: l’Aikido è regolamentato per legge, vi è un certificato di dan francese ed un diploma d’istruttore. Il riferimento per i “docenti” d’Aikido francese non è il certificato dan dell’Aikikai, ma il diploma nazionale. Per insegnare è necessario almeno un certificato di 2° dan della federazione francese. In un certo senso non è un cattivo sistema, poiché in questo modo possiamo controllare chi insegna. E’ la politica dell’Aikido francese!

-ATM: Pensa che la qualità degli istruttori dell’Hombu Dojo stia cambiando?
-C.T.: In passato, un gran numero di buonissimi istruttori dalla forte personalità sono cresciuti all’Hombu Dojo -M° Tada, M° Tamura, M° Yamada e gli altri. In un certo senso questi uomini rappresentavano un’elite. Ai nostri giorni non è cosa facile creare un’elite per l’Hombu Dojo perché non è cosa facile attirare delle persone dotate: infatti, il livello di vita che l’Hombu Dojo offre ai suoi uchi deshi non è più elevato del livello di vita media. Forse all’Aikikai, bisognerebbe dire ai giovani: “Se voi investite nell’Aikido, dovrete passare per un serio processo di selezione. Dovrete essere buoni nell’Aikido, essere intelligenti ed avere del carisma. Se voi possedete tutte queste qualità e restate come uchi deshi, sarete membri di un’elite sociale”. Allora, forse, quando alcuni di loro raggiungeranno i 22 o 23 anni, dovranno scegliere tra il diventare, ad esempio, un dottore o un istruttore d’Aikido e solo allora alcune tra queste talentuose persone si dirigeranno verso l’Aikido. In realtà l’Aikikai ha bisogno di un buon manager che si occupi della sua immagine e forse di qualcuno esterno all’Aikido.

-ATM: Com’era il Giappone quando vi è arrivato all’età di 18 anni?
-C.T. : Quando sono arrivato in Giappone, non avevo alcuna idea a cosa potesse somigliare: non conoscevo nessuno laggiù! Sono arrivato Yokohama alle tre del pomeriggio e mi sono immediatamente recato all’Hombu dojo. Alle sette sono andato al corso e ho praticato (penso che fosse Saotome a gestire il corso). Dopo il corso, ho dormito fuori su di un banco. Per uno di 18 anni non era un problema! Il giorno dopo mi sono recato al corso delle 6,30 dove ho visto il Doshu per la prima volta. Stava facendo “Irimi Nage” ed ho pensato: “Questo tizio non è bravo!”. Non faceva Irimi Nage nella maniera in cui avevo visto farlo. E’ un grosso problema nell’Aikido! Quando non vedi ciò che sei abituato a vedere, pensi che non sia buono. Per quattro o cinque mesi trovavo che il movimento del Doshu mi era estraneo e solo la pratica ha cambiato la mia percezione. Praticavo tutti i giorni il corso del Doshu e pensavo di non piacergli ma, in realtà, era molto timido. Un giorno mi ha preso come Uke. Poi, per qualche mese, sono stato il suo Uke una volta a settimana, poi due volte a settimana, ed infine, tutti i giorni. Quindi, sono divenuto l’Uke del Doshu.

-ATM: O-Sensei era sempre vivo?
-C.T.: Si, ma sfortunatamente non ho potuto vederlo.

-ATM: Ha cominciato subito a vivere al dojo? Hai trovato subito un appartamento?
-C.T.: Ho dormito su di un bel banco per una settimana e poi la polizia mi ha chiesto di andarmene. Gli ho detto che non avevo un posto dove passare la notte, che non conoscevo nessuno, che non avevo nulla. Allora mi hanno portato una coperta. Più tardi la polizia mi ha condotto in un ostello della gioventù dove sono rimasto per qualche giorno, il tempo di trovare un appartamento. Avevo pressappoco due tatami e mezzo e vi sono rimasto per sei mesi.

-ATM: Cosa pensava la sua famiglia della sua partenza per il Giappone?
-C.T. : Ho detto che volevo recarmi in Giappone e loro mi hanno detto: “D’accordo, nessun problema.” Ma non pensavano che facessi sul serio! Ho lavorato tutta l’estate, ho acquistato il biglietto e sono partito.

-ATM: In Giappone chi vi ha maggiormente influenzato?
-C.T.: Partecipai ai corsi di tutti ed instaurai dei buoni rapporti con molti istruttori. Ma il Doshu fu il mio principale istruttore. M° Masuda, M° Endo e M° Chihashi erano i miei Sempai e mi hanno insegnato, ma in un certo senso li consideravo più come degli amici che degli istruttori. Sono stato influenzato anche dal M° Osawa e dal M° Yamaguchi, ma era veramente difficile avvicinare M° Yamaguchi.

-ATM: Perché?
-C.T.: Non so! Tuttavia posso dire che M° Yamaguchi è un uomo molto speciale. Quando parli con lui, anche se non parli giapponese, dimentichi rapidamente che  egli è giapponese e lo comprendi. Ho incontrato un bel po’ di istruttori di  25-35 anni, quando erano molto fisici. Quando li ha rivisti dieci anni più tardi, erano rigidi e fragili. Le loro spalle e la loro schiena erano “logore”. Mi sono, allora, chiesto: “Budo non preserva la salute? Yamaguchi ha ora 70 anni ed è venuto in Francia nel giugno scorso. Ciò che ho apprezzato di lui è la buona salute. Tutti quelli che lo vedono, soprattutto i giovani di 20 anni, dicono che gli piacerebbe essere capaci di muoversi come lui. Ma M° Yamaguchi è molto contraddittorio (M° Yamaguchi è morto dopo questa intervista, N.d.T.)

-ATM: Come mai?
-C.T. : Ebbene, alcune persone dicono: “Le sue tecniche non funzionano.” Ma niente funziona in Aikido. Capisci ciò che voglio dire?

-ATM: No. Mi spieghi per favore?
-C.T.: Il messaggio lo trai dalla tua arte e non dalla tecnica. Nessuno è forte! Io penso che un’arte marziale sia un mezzo per preservare la tua vita, la tua integrità, la tua libertà e la libertà della tua famiglia. Deve permetterti di vivere in armonia con la natura e con gli altri. Prendi Mike Tyson, per esempio! E’ molto forte, ma è stato messo al tappeto due volte da due donne. Si trova sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il Budo dovrebbe insegnarvi a trovarvi al posto giusto al momento giusto.

-ATM: Direbbe che il M° Yamaguchi abbia un approccio filosofico verso l’Aikido?
-C.T.: No. M° Yamaguchi non parla mai di filosofia, ma dei principi, di ciò che è l’Aikido e del messaggio della tecnica.

-ATM: Che cos’è l’Aikido secondo il M° Yamaguchi?
-C.T.: L’Aikido, secondo il M° Yamaguchi, è la ricerca dell’ideale della perfezione di Se!

-ATM: M° Yamaguchi vuol dire che la trasformazione di Se è una parte dell’idea del Budo?
-C.T.: Si, penso che il Budo, il Budo dello spirito, sia molto importante per lui. Voglio parlare del senso moderno del Budo, un sistema d’educazione con qualche regola. Le regole sono molto importanti, ma le persone devono scoprirle da sole. Un buon maestro è colui che ti fa scoprire le regole di cui hai bisogno per continuare a vivere in armonia con gli altri. Un cattivo maestro è colui che governa o inventa delle regole senza senso.
Nel Budo, sei sempre vincitore, non hai alcuna ragione di continuare a studiare. Dunque, penso che nel Budo sia giusto che tu fallisca di tanto in tanto e che tu cerchi di comprendere i tuoi errori. La prossima volta, tu avrai una nuova “chance” di fare meglio. In competizione, non hai una nuova “chance”; quando perdi devi aspettare il prossimo campionato. Ma nella pratica del Budo, nella pratica dell’Aikido non c’è competizione. In Aikido noi vogliamo sempre eseguire il “movimento ideale”. Alcuni compagni ti attaccano in maniera sincera, con un attacco serio, e tu ti applichi nel “movimento ideale”. Evidentemente, questo non funziona. Allora ricominci, ritentando il “movimento ideale” ma sbagli di nuovo. In Aikido, vogliamo eseguire la tecnica più bella e sbagliamo. Lo scopo, infatti, è di eseguire la tecnica quanto più correttamente possibile! E’ quello che dobbiamo ricordarci, ma lo dimentichiamo troppo facilmente. C’è stato un pittore, Hans Menling, che non firmava mai i suoi quadri. Egli scriveva: “Ho fatto del mio meglio”.
Ho seguito dei corsi in una scuola gesuita ed ogni giorno dovevamo scrivere nel nostro quaderno: “Ho fatto del mio meglio”. Io penso che sia la stessa cosa per l’Aikido: cerchi di fare del tuo meglio dando il massimo di te stesso, non di essere il migliore.

-ATM: Dunque, le tecniche non sono altro che degli strumenti che vi permettono di trasformarvi?
-C.T.: Si, sono esattamente degli strumenti. La tecnica è una struttura meccanica. Se noi scegliamo di studiare il Budo, deve esserci una ragione; altrimenti sceglieremo un’altra cosa. E la ragione per cui scegliamo di studiare il Budo è la tecnica, ecco perché questa è così importante.
Nel Budo, hai una sanzione – una punizione. Nel combattimento reale, la sanzione è la morte. Dunque, nel Budo dovete sempre essere coscienti che siete suscettibili di subire la “vera sanzione”. Non vi è una minaccia reale, ma dovete comportarvi come se ve ne fosse una. Il nostro amico, ha bisogno di sanzioni, di punizioni.
O-Sensei diceva che l’Aikido è “ichi go ichi”. Devi effettuare la tecnica come se fosse la prima volta e l’ultima volta. E quando incontrate qualcuno è la stessa cosa: come la prima e l’ultima volta.

-ATM: Crede che l’Aikido sia diverso dalle altre arti marziali sotto questo aspetto?
-C.T.: Ogni disciplina che si rifaccia al Budo ha gli stessi problemi. In Aikido, Facile dire: “Sono il migliore” poiché non vi è competizione. Nelle arti marziali che prevedono la competizione, come il Karate e lo Judo, altrettanto semplice proclamarsi il migliore dato che esistono delle competizioni. Quando vinci un campionato, sei forse il migliore del momento nelle condizioni del torneo, ma sarai ancora il migliore domani?

-ATM: Torniamo alla vostra storia. Quando è ritornato dal Giappone in Francia nel 1976, dove si è diretto? Dal suo vecchio maestro nel suo vecchio dojo? mese. Ciò che insegnavo era completamente differente da ciò che avevano visto prima.
-C.T.: No. Quando sono tornato, tutti gli amici che avevo prima di partire per il Giappone hanno raggiunto il mio dojo, ma lo hanno abbandonato dopo un mese. Ciò che insegnavo era completamente differente da ciò che avevano visto prima.

-ATM: Aveva un suo dojo?
-C.T.: Ho cominciato ad insegnare in molti luoghi non troppo spaziosi, in dojo di judo e Karate. Più tardi, ho infine avuto un dojo tutto mio a Parigi. (Al momento ve ne sono più di 400!). Dal 1976, ho “allenato” più di un migliaio di cinture nere. Il mio dojo conta attualmente 500 praticanti e numerosi istruttori vengono ogni mese per studiare.

-ATM: So che quando siete tornato in Francia, il M° Yamaguchi vi ha accompagnato. E’ stato aiutato nell’organizzare i corsi?
-C.T.: No. M° Yamaguchi non poteva aiutarmi poiché nessuno lo conosceva in Francia. Mi recavo nei dojo e chiedevo la disponibilità di alcune ore nelle quali poter condurre i miei corsi d’Aikido.

-ATM: Cosa pensa delle federazioni e delle organizzazioni d’Aikido? Perché abbiamo bisogno di loro?
-C.T.: Non abbiamo bisogno di federazioni, ma è meglio averne, non per controllare chi insegna, ma per proteggere il sistema dai “pericoli”. Inoltre, le federazioni sono una buona cosa per la promozione dell’Aikido, perché sono così grandi da avere molti soldi per la promozione e la pubblicità. Se non vi sono le federazioni, dovremmo sbrigarcela da soli.

-ATM: Cosa augura all’Aikido? Cosa sogna per il futuro?
-C.T.: Vorrei vedere sempre più persone praticare l’Aikido, ma non ho fretta. Se vogliamo che l’Aikido aumenti il numero dei praticanti, abbiamo bisogno di istruttori di alta qualità, di uomini e di donne capaci di essere degli esempi per coloro che li seguono.



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