Omaggio a Kazuo Ōno

Bologna, 19 marzo – 25 aprile
Omaggio a Kazuo Ōno 
Spettacoli, incontri, laboratorio promosso da Dipartimento di Musica e Spettacolo-Università di Bologna nell’ambito de La Soffitta
Per festeggiare il centesimo anno di Kazuo Ōno, creatore negli anni ’50 del secolo scorso di una delle più significative innovazioni artistiche giapponesi, la danza buto, si terrà a Bologna un omaggio composto da più appuntamenti che intendono, oltre che rendere omaggio all’arte di Ono, anche impostare una riflessione sulle possibili o impossibili contaminazioni tra l’odierno teatro di danza in Oriente e in Occidente, sulla permanenza e la trasmissione-trasformazione dei codici del teatro classico, sulle sperimentazioni delle avanguardie del secondo dopoguerra. 

19 marzo ore 18
Four Season
performance di e con Yukio Waguri

20 marzo ore 11
Butō kaden
conferenza di Yukio Waguri su Tatsumi Hijikata

22 marzo ore 15
Per conoscere Kazuo Ōno
proiezioni dall’Archivio Ōno

24 marzo – 25 aprile
Cent’anni di danza!
mostra di materiali di lavoro, costumi, scritti e immagini di Kazuo Ōno
Museo Civico Archeologico, via dell’Archiginnasio, 2
ingresso libero – orari: mar-ven: 9-15 / sab-dom e festivi: 10-18,30 / chiuso: lunedì (non festivo)

27 marzo ore 21
Incontro con Yoshito Ōno

26-27 marzo ore 14.30-18.30
28 marzo, ore 9-13
Laboratorio con Yoshito Ōno
Laboratori DMS – Teatro
via Azzo Gardino 65a

28 marzo ore 21
Kuashi
performance di e con Carla Vannucchi

A flor boiando (il fiore che sboccia)
performance di Joana Lopes con Andréa Yanashiro

29 marzo ore 21
La primavera siciliana e Low flying
di e con Sayoko Onishi

30 e 31 marzo ore 21.15
Snow moon flower
di e con Yoshito Ōno – prima mondiale assoluta
Teatri di Vita, via Emilia Ponente 485

30 marzo ore 10-18
Kazuo Ōno, il butō e i giovani
giornata di studio

Quando non diversamente indicato gli eventi si terranno presso i Laboratori DMS, v. Azzo Gardino, 65/a 

Info: tel. 051 2092413 – soffitta.muspe@unibo.it   www.nipponica.it 

Buto: la danza dell’anima  
 ”Se desideri danzare un fiore puoi mimarlo e sarà un fiore qualunque, banale e privo di interesse; ma se metti la bellezza di quel fiore e l’emozione che esso evoca nel tuo corpo morto, allora il fiore che crei sarà vero e unico e il pubblico ne sarà commosso”. Kazuo Ono  
 Definita “danza delle tenebre”, nasce in Giappone negli anni sessanta, durante una profonda crisi di identità nazionale causata dall’incontro con il modello di vita statunitense basato sul consumismo e sulla materialità. Gli Stati Uniti cercano di cambiare l’assetto sociale giapponese importando la democrazia, una nuova costituzione e nuove leggi; si assiste al processo di urbanizzazione che vede il passaggio dalla vita rurale contadina a quella della metropoli che causa violente manifestazioni di rivolta all’interno del paese. La nuova danza d’avanguardia manifesta proprio questa crisi: essa si pone sia come forma di contestazione contro la rigidità imposta dal teatro No, sia contro la “Modern dance” nordamericana e contro i tabù imposti dalla cultura giapponese. I temi portati in scena hanno l’obiettivo di provocare, di scuotere gli animi del pubblico e di fargli aprire gli occhi di fronte alla vera essenza dell’essere umano: il desiderio sessuale e l’erotismo, la violenza e la morte, sempre inseriti in un’atmosfera surreale, quasi allucinatoria.
Corpi seminudi dipinti di bianco che compiono movimenti lenti caratterizzati da gesti minimali, essenziali. Tipici sono la retroversione degli occhi, la bocca spalancata, le gambe piegate e i movimenti a terra. Nel movimento i danzatori non cercano forme precise ma una libera espressione del corpo. La danza è mezzo di esplorazione interna, è ricerca di sé. Si tratta di svelare l’inconscio attraverso la libera circolazione dell’energia e l’esplorazione dello spazio circostante.  I padri fondatori furono Kazuo Ono e Tatsumi Hijikata, dal quale deriva il nome Ankoku Buto (danza delle tenebre), infatti, doveva inoltrasi nelle tenebrose profondità del corpo per divenire la massima espressione delle energie vitali. Il danzatore doveva perdersi totalmente, dimenticando la sua identità, dimenticandosi di sé e del suo corpo. Egli doveva donarsi senza riserve, liberarsi da qualsiasi condizionamento trasformandosi in un puro flusso di energia. Nel danzare si evocava un mondo primitivo, come rifiuto dei principi razionali della modernità, del produttivismo e del consumismo derivanti dal processo di urbanizzazione che stava avvenendo in quegli anni in Giappone.
L’uomo, infatti, abbandona la vita nel villaggio caratterizzata dalla semplicità, dall’amore per la famiglia e per il prossimo per ritrovarsi solo come un anima vagante ed abbandonata nella grande metropoli. La danza Buto allora diventa una pura espressione dell’anima: il corpo del danzatore diventa un corpo morto che sprigiona tutte le emozioni che in esso risiedono.

Anna Volpicelli 



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