Analisi della situazione dell’Aikido in Italia

Questa analisi, fatta da un non italiano, non ha né l’intenzione né tantomeno la pretesa di spiegare in maniera esaustiva il “perché” e il “come” della situazione politica dell’Aikido in Italia a partire dalle sue origini.
Non è questo il suo scopo. Si tratta piuttosto di uno strumento di lavoro, che potrebbe servire da base ad una riflessione più approfondita, per tutti i praticanti italiani desiderosi di vedere l’Aikido considerato e riconosciuto dai ministeri publici, restando però coerenti con i principi basilari di questa disciplina marziale, soprattutto: «AI».
Scuserete quindi questa mia «ingerenza» in una situazione che, di primo acchito, non mi dovrebbe riguardare. In compenso, mi sento molto coinvolto dall’Aikido in se stesso, in quanto praticante e cittadino del mondo.
Inoltre, quelli che leggeranno questo scritto dovranno considerare che la riflessione proposta non li concerne solo direttamente; ma che il risultato delle loro azioni e delle loro decisioni influirà sulle generazioni future di praticanti. Devono mettersi nella disposizione d’animo di un uomo che pianta un seme, sapendo che non vedrà mai l’albero.
Dai miei primi passi in aikido nel 1973, ho conosciuto numerosi praticanti italiani durante gli stage che frequentavo, sia in Francia che all’estero e in Italia (soprattutto a Carisolo, Milano, Trieste, Roma, Venezia e Vicenza).
Anche se alcuni di loro non condividono la mia stessa « obbedienza », non ho potuto fare a meno di apprezzare le loro motivazioni e la serietà della loro ricerca sulla lunga, incerta e difficile via del Budo.
Prova ne è che la maggior parte di loro continua a praticare con costanza ed applicazione e con alcuni ho instaurato dei legami d’amicizia, proporzionalmente al grado di affinità reciproca al livello di pratica, gusto ed altro.
Chi mi conosce da parecchio tempo, sa che ho participato attivamente all’organizzazione dell’Aikido in Francia, con la creazione nel 1982 della FFAB, costituita attorno a Tamura Sensei.
Ciò nonostante, nel 1984, mi sono ritirato dalla «vita pubblica Aikido» e ho dato le dimissioni dai diversi incarichi che occupavo nell’ambito di questa struttura. A ritroso, posso dire che la mia decisione fu dettata soprattutto da 2 ragioni: • da una parte la necessità di dedicarmi, sia professionalmente che moralmente, alla mia famiglia ed all’educazione dei miei figli • dall’altra dalla constatazione del fallimento dell’unificazione dell’Aikido francese – comprovato dall’esistenza di 2 federazioni – in ragione delle ambizioni personali nutrite dalla maggioranza dei responsabili e la loro incapacità, cosciente o incosciente, di consacrarsi interamente al futuro di questa disciplina, indipendentemente dal loro avvenire personale.
Non ho mancato tuttavia di interrogarmi sui mezzi che potrebbero essere adottati per evitare che le ambizioni personali prevalgano sull’interesse generale, senza sottovalutare questa propensione umana a dimenticare col tempo gli scopi iniziali, sia che si tratti di aikido o di creare una qualsiasi associazione. Da quello che ho potuto constatare prendendo contatti con gli uni e con gli altri, la situazione italiana è al contempo sterile ed ideale. La mancanza di una regolamentazione, infatti, lascia il terreno vergine, anche se un po’ incolto. D’altro canto, ciascuno sembra voler continuare a coltivare, più o meno felicemente, il suo piccolo orticello, e non essere disposto ad abbandonarlo.
Quei pochi tentativi di voler unificare l’Aikido italiano hanno miseramente abortito, rinforzando l’idea generale di « ognuno per sé e Dio per tutti ».
Molti dei praticanti italiani pensano che il tipo d’organizzazione sia il risultato della popolarità di questa disciplina in Francia (più di 60.000 iscritti). Ma questo argomento cade di fronte ad un’analisi obiettiva della situazione.
Di fatto, le strutture create in Francia sono più la conseguenza di una volontà politica – nel vero senso della parola – di regolamentazione dello sport in generale (brevetto statale di educatore sportivo, comitato nazionale di gradi), che della volontà degli stessi aikidoka. E’ molto probabile infatti che in assenza di una regolamentazione statale, la situazione francese non sarebbe molto diversa da quella attuale italiana, se non per il numero di gruppuscoli che si troverebbero a coabitare.
Ora, il tipo di organizzazione realizzato in questo paese non permette di evitare il «mandarinato», e la coesistenza di 2 federazioni, entrambe accettate dal Ministero dello Sport, mostra i limiti di questo sistema.
D’altronde, i fatti hanno dimostrato che non esiste nessuna reale volontà d’unificazione, visto che ciascuna federazione – o meglio ciascun responsabile delle 2 federazioni – vuole conservare i suoi piccoli privilegi.
Da ciò si evince che il modello francese non è da seguire e l’interesse dei Francesi per l’Aikido dipende più dal loro individualismo che dal tipo di organizzazione messa in atto.
Al momento attuale, in Italia, non esiste alcuna regolamentazione specifica. Dalle ricerche che ho effettuate, ho scoperto che il Ministero dello Sport ha delegato i suoi poteri al CONI, che a sua volta è costituito dalle federazioni nazionali delle diverse discipline olimpiche. A fianco di queste, il CONI riconosce altre federazioni sportive facenti parte delle cosiddette « discipline associate », (il kung-fu wu-shu per esempio ne fa parte), così come delle associazioni chiamate « enti di promozione » (come lo CSEN) che raggruppano tutte quelle organizzazioni sportive che non rientrano nell’ambito delle discipline olimpiche o associate. A questo punto mi sembra opportuno ricordare che, contrariamente al Judo, al Karate ed al Kendo per esempio, l’Aikido non è uno sport, in senso etimologico e politico del termine, in quanto non esiste alcuna forma di competizione – per lo meno sufficientemente rappresentativa – che opponga un praticante ad un altro con lo scopo di designare un vincitore ed un vinto. Verosimilmente, è solo la componente fisica della pratica che lo accomuna agli altri sport di combattimento. Ma sembra alquanto prematuro dissertare a questo proposito, per lo meno fino al momento in cui l’Aikido italiano non sarà abbastanza unito per scegliere tra le diverse opzioni che gli si presentaranno quando sarà ufficialmente riconosciuto.
La domanda che si pone oggi, o che potrebbe porsi, è determinare in che misura sia auspicabile l’unificazione dell’Aikido italiano. Dal mio punto di vista, esistono 2 ragioni principali che giustificherebbero tale unificazione: una politica e l’altra etica.

1. POLITICA
L’Italia fa parte dell’Europa che a sua volta oggi è diventata una realtà politica. Infatti – tanto per smentire le parole di Kissinger che, in risposta alle pressioni dei suoi collaboratori perchè la prendesse in considerazione nel quadro delle negoziazioni internazionali, avrebbe detto: «L’Europa, chi è? Mi date il suo numero di telefono?» -, l’Europa dispone oggi delle strutture politiche (esecutive, legislative e giudiziarie) che le permettono di organizzarsi ed essere rappresentativa. L’Europa ha già legiferato in molti settori (monetario, economico, istituzionale), ma non è stato fatto ancora niente a livello di sport, se non le prime assise tenute a Olimpia il 21 e 22 maggio 1999 ed intitolate: « Il modello europeo dello sport ». La Commissione Europea, rileva un aumento esponenziale delle denunce relative alla libera circolazione, tra cui il riconoscimento dei diplomi. D’altro canto, ella invita le istituzioni comunitarie a consultare le organizzazioni sportive laddove trattino questioni importanti che riguardano lo sport. Più avanti, sottolinea che ella non ha alcuna intenzione di proporre un modello unico di organizzazione sportiva in Europa, né di varare nuove iniziative legislative. Relativamente al modello europeo, dichiara che l’organizzazione dello sport in Europa presenta delle caratteristiche comuni a tutti gli stati. Così lo sport è praticato soprattutto nell’ambito di società sportive, raggruppate in federazioni sportive territoriali, inquadrate da federazioni nazionali. Infine, relativamente al ruolo delle federazioni sportive, indica che la riflessione deve vertere in primo luogo sulla definizione di federazione sportiva. In alcuni Stati tale questione non solleva difficoltà di sorta perché la definizione di federazione sportiva è fissata per legge e gli Stati hanno stabilito un registro delle federazioni sportive. In altri, la definizione è più imprecisa e le federazioni sono iscritte in registri generali riservati alle associazioni. Un primo passo potrebbe consistere nella compilazione, da parte di ogni Stato membro, di un elenco delle sue federazioni sportive con gli omologhi europei e mondiali. Da ciò che precede, è possibile trarre le conclusioni seguenti :
• Non esiste alcuna federazione di Aikido in Italia, e quindi se il governo dovesse fare una lista delle federazioni sportive, l’Aikido non vi sarebbe incluso ; e ciò vorrebbe dire che potrebbe sopravvivere soltanto attraverso altre federazioni sportive riconosciute.
• Se una delle federazioni sportive (per es. la FILPJK) o uno degli organismi di promozione (per es. lo CSEN) rivendicasse il controllo dell’Aikido, questo sarebbe a scapito di tutte le altre associazione entro le quali coesistono dei gruppi di aikido come per esempio: l’Aikikai Italia, il gruppo Kobayashi, l’Aiko, il gruppo Iwama Ryu, il gruppo Tissier, ecc.
D’altra parte, ho saputo da alcuni responsabili politici (parole che attendono conferma) che, a breve, il governo italiano dovrebbe legiferare in materia di sport. Se questo fosse vero – soprattutto per quanto riguarda l’istituzione di un diploma di insegnamento sportivo –, l’Aikido non sarebbe preso in considerazione, e quindi l’insegnamento dell’Aikido non potrebbe essere dispensato senza la copertura di un professore legalmente riconosciuto (per esempio di Judo o Karate).
In altri termini, gli insegnanti di Aikido non potrebbero più aprire delle sale a loro nome, ma solo appoggiandosi ad un professore diplomato e con licenza. Tale situazione è già stata vissuta in Francia (fino al ’75) quando i soli professori di Judo avevano l’avvallo giuridico per potere insegnare Aikido e Karate.
Infine ciascun praticante, se dotato di conoscenza e studio sufficientemente approfonditi, può fare dell’Aikido ciò che vuole, seguendo la sua libera interpretazione. Perfino in Giappone coesistono differenti stili di Aikido: quello di Shioda, di Tomiki, di Tohei, dell’Aikikai ecc. Qualcuno ha avuto l’onestà intellettuale e morale di designare la loro propria interpretazione di quest’arte con un nome diverso da Aikido (come il maestro Noro, in Francia, che ha dato al suo sistema il nome di Kinomichi, o come il maestro Tsuda che ha chiamato il suo “la scuola della respirazione”).
Questa coabitazione non da fastidio a nessuno, non turba in niente l’ordine sociale e parte dal principio che «Dio riconoscerà i suoi». Non è la stessa cosa in occidente, dove il sistema – a base democratica – poggia su principi egualitari. Ora, dal mio punto di vista, l’arte marziale, e il Budo che ne è il suo prolungamento spirituale, è tutto fuorché democratico. Piuttosto è un sistema oligarchico – nel senso etimologico del termine – dove quindi il potere è esercitato da un numero ristretto di persone, scelte in funzione dei loro meriti. Le tribù degli indiani d’America, per esempio, funzionavano secondo questo modello. Il Budo si basa su dei valori morali e spirituali che trascendono le nozioni di uguaglianza o maggioranza; all’uomo che decide di intraprendere il suo studio, propone di diventare responsabile di sé stesso e delle proprie azioni, ed in nessun caso propone un sistema d’organizzazione sociale.
Quando un shugyosha decideva di aprire una sala – in Giappone si parla piuttosto di Ryu – era perfettamente libero di farlo e il successo della sua scuola dipendeva solo ed unicamente dalla sua capacità di accettare le sfide incessanti che gli altri shugyosha gli lanciavano di continuo, per provare in questo modo la validità del suo sistema. In effetti, l’usanza voleva che il perdente di una sfida diventasse l’allievo dell’altro. Questo sistema aveva il vantaggio di mantenere un alto livello di qualità tecnica e morale. Secondo un vecchio detto giapponese : « Soltanto il pesce forte osa nuotare in acque alte ». Ciò nonostante, sarebbe stupido ignorare il contesto nel quale si sviluppa attualmente il Budo – soprattutto in occidente – dove un’attività esiste o è considerata solo per il numero di persone che rappresenta. Churchill diceva a questo proposito : «la democrazia è il meno peggio dei sistemi, ad esclusione degli altri». Comunque è il nostro, con tutti i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti.
E’ una realtà politica che non possiamo più trascurare, a meno di restare all’ombra dei più grandi. In un sistema democratico, perché un dojo possa esistere – essere legittimato – basta che i suoi iscritti siano assicurati. Non è possibile – non è legale e democratico – che un dojo ne sfidi un altro per affermare la sua validità. E’ la politica «del migliore e del peggiore» ed il prezzo da pagare per la Libertà. Personalmente al termine «Libertà» – che ingloba delle nozioni che vanno al di là del quadro sociale – preferisco il termine « libero arbitrio » che definisce meglio la libertà, in quanto scelta che l’uomo ha di « fare » o « non fare ». Ciascuno quindi è libero di pensare e di esprimersi come vuole, ed anche in questo caso « Dio riconoscerà i suoi ».
Ciò nonostante questa libertà è indissociabile dal principio di tolleranza : la disposizione d’animo e di cuore di colui che accetta, ammette da parte degli altri dei sentimenti, delle idee e dei comportamenti diversi dai suoi. Molto spesso la tolleranza consiste nell’ignorare ciò che è diverso e nel vivere ciascuno per sé. Ma questa tolleranza non è il risultato di una scelta personale, piuttosto di una rassegnazione, nata dal constatare l’impossibilità di imporre agli altri le idee per le quali si potrebbe perfino morire.
Don Juan – il maestro di Castaneda – diceva a questo proposito :
« l’impeccabilità del guerriero è nell’accettare che gli altri vivano così come sono ».
Riporto qui un breve passaggio tratto da « etica del sapere » di M. Cacciari, (in Micro Mega, almanacco di filosofia, 97, pag. 71) :
« Hostis era lo straniero – straniero in tutto – che si presentava, autentico pro-blema all’ospite, all’Hospes. E che veniva ospitato, mantenendo integri il suo carattere e il suoi costumi. Nomade ma accolto. Soltanto se ognuno ritrova lo straniero in sé stesso, soltanto se l’altro che parla in noi, l’hostis che abita in noi, è riconosciuto e ascoltato, possiamo essere con lo straniero che viene, autonomo, affrontarne il pericolo, dialogare con esso. E riconoscere pericolo – e – dialogo come essenziali a noi stessi. Se tace o è messo a tacere lo straniero in noi, con quel pro-blema che ci affronta «da fuori» potremo avere soltanto rapporti di inimicizia… E nessuna comunità tra questi «nomadi» sarà concepibile mai.»
L’uniformità e l’isolazionismo non permettono quindi di realizzare l’AI, l’UNITA’. Ma esiste una struttura capace di raggruppare, di unire i diversi gruppi dell’Aikido italiano allo stato attuale ?

2. ETICA
E’ molto triste, per certi versi, constatare quante discordie e disaccordi ci siano tra i praticanti di una disciplina il cui nome inizia con una sillaba che significa « UNITA’ », o anche « ARMONIA ».
Etimologicamente l’ideogramma « AI » è composto da 3 caratteri:
• L’uomo in piedi – nel senso di «umanità»
• Il numero «uno»
• Una bocca, nel senso di «espressione».
Tradotto letteralmente, significa «l’umanità d’una sola voce» da cui il senso più esteso di «UNITA’ o ARMONIA» dato a questo termine.
Sia la filosofia che la tecnica di questa disciplina ci invitano a ricercare e trovare questa unità, questa armonia con l’altro, sia sul tatami che al di fuori.
Ora, purtroppo, si constata che a livello dell’organizzazione di questa disciplina, gli aikidoka hanno qualche difficoltà a parlare all’unisono. Questi dissensi e queste divergenze, per naturali ed «umane» che possano essere, si ritorcono immancabilmente contro la disciplina stessa, discreditandola.
Tutto ciò, non è appannaggio solo dell’Aikido ma esiste anche in altri settori – come la musica o la pittura per esempio – tuttavia con una sostanziale differenza. Nessun musicista o nessun pittore avrebbe mai la pretesa di dichiarare che tutto ciò che non è la sua musica o la sua pittura, non è né musica né pittura. Esistono numerose correnti e tendenze e nessuno avrebbe mai l’audacia di sostenere che l’impressionismo o il barocco siano la sola vera pittura o la sola vera musica.
Al contrario la diversità degli stili ne costituisce la loro ricchezza e fa parte del patrimonio dell’umanità. Alle soglie della morte, O’Sensei dichiarò : «L’Aikido appartiene al mondo intero.», ma non disse : «Il mio aikido appartiene al mondo».
Sembra che l’essere umano provi un bisogno viscerale nel ricercare l’opposizione : un modo come un altro, e sfortunatamente più di un altro, di provare che esiste. Questo è vero all’interno di una famiglia o di un club, di una federazione o di una nazione. In caso di conflitto, i fratelli, i genitori, i responsabili politici «si scannano» allegramente, ma se la famiglia è minacciata dall’esterno, dallo straniero – il barbaro come veniva chiamato dai greci – essi si riconoscono, dimenticano i loro risentimenti personali ed uniscono le loro forze per affrontare il pericolo. Si può quindi concludere che, di fronte all’ignoto, l’essere umano ricerca altrettanto visceralmente il supporto dei membri della famiglia, ed in senso generale, di tutti coloro con i quali condivide gli stessi interessi.
Quando questi interessi sono comuni a quelli di altre persone, altri gruppi e altre nazioni, essi o esse si uniscono per difenderli e preservarli. Inoltre, «unità» non significa «uniformità». Resta quindi da capire come raggiungere l’unità senza perdere la propria specificità.

L’AÏKIDO ITALIA (A.I.)
Progettare l’unificazione dell’Aikido italiano adottando una struttura classica (Presidente, Comitato Direttore, Direttore Tecnico, Assemblea Generale e multi commissione) sarebbe destinato al fallimento poiché questo sistema conduce immancabilmente al mandarinato e alle lotte di potere. (Sebbene ci si possa interrogare sulla portata di un tal potere, se si esclude un’esaltazione supplementare dell’ego…) Quindi, sembra che il sistema che meglio converrebbe sia quello di tipo oligarchico ; cioè quello in cui solo le persone che lo meritano deterrebbero il potere e potrebbero dunque decidere quali scelte fare per l’avvenire della disciplina, soprattutto a livello tecnico.
Ma come valutare questo merito nel quadro attuale dell’Aikido italiano ?
Effettivamente, tutti gli aikidoka con un minimo di 25 anni di pratica potrebbero far valere la loro esperienza e rivendicare un posto da dirigenti in seno a questa futura associazione. Il criterio da adottare non può dunque essere quello dell’anzianità. In compenso, alcuni di questi « anziani » sono arrivati a tesserare attorno a loro un certo numero di praticanti che segue l’insegnamento che propongono e si sono organizzati per funzionare in perfetta autarchia. In altre parole, potrebbe trattarsi di persone il cui carisma e la competenza si estendono su svariati dojo e/o associazioni legalmente costituite. Poco importa, a questo punto, di dissertare sulla validità del loro insegnamento ; meglio riconoscere che la loro sfera di influenza si estende al di là del loro proprio dojo e constatare che dei praticanti sinceri hanno scelto di seguirli. Queste persone esistono in Italia e sono quelli che potremmo chiamare i « leaders » del gruppo che si è costituito attorno a loro, che abbiano tagliato oppure no il cordone ombelicale con una eventuale legittimità morale (Aikikai, Iwama, Kobayashi, ecc.). Sembra tuttavia indispensabile precisare cosa intendiamo con « gruppo », per evitare che qualunque insegnante di club possa pretendere questa carica di leader. Così, nello stretto contesto di questo futuro comitato, un gruppo dovrà essere costituito da un numero minimo di dojo e/o associazioni legalmente registrate (per esempio 10, ma questo numero dovrà essere stabilito dai pionieri del progetto) o da un numero minimo di praticanti (per esempio 200).
(Ciò non significa che un gruppo che non arrivi ad avere tali numeri non possa far parte del Comitato. Però non potrà essere direttamente rappresentato.)
Ogni gruppo che risponderà ai criteri stabiliti designerà un rappresentante, che sia il leader stesso o una persona scelta dai membri del gruppo per costituire quello che potremmo chiamare : « Il Consiglio degli Anziani » (« senatus » in latino) o dei « saggi ». Quest’ultimo sarà l’organo legislativo del Comitato. Prenderà le decisioni che giudicherà opportune per l’avvenire della disciplina, all’unanimità o almeno col consenso di una maggioranza dei suoi
membri che non potrà essere inferiore ai 2/3 o 3/4, per evitare abusi di maggioranza e discussioni « di corridoio ».
Ben inteso, questo Comitato dovrà possedere personalità giuridica, cioè dovrà essere dichiarato ufficialmente e registrato come Associazione Sportiva Culturale Dilettantistica. Per questo motivo, dovrà necessariamente avere un Presidente, un Segretario e un Tesoriere, che avranno un ruolo esclusivamente amministrativo e non politico. Saranno l’organo esecutivo.
Ugualmente, l’A.I. non dovrà possedere più fondi di quanti saranno necessari al suo funzionamento ed ogni gruppo che entrerà a farne parte manterrà la sua totale autonomia amministrativa, tecnica e finanziaria. I soli fondi di cui disporrà proverranno da iscrizioni e quote assicurative che potrà ricevere e versare per conto di tutti i gruppi presso l’ente nazionale al quale si appoggerà. Questa struttura di « sostegno » o « accoglienza » potrebbe essere lo CSEN, a condizione che accetti di riconoscere e costituire un settore specifico AIKIDO.
La struttura e il funzionamento di questo futuro Comitato, qualunque sia il nome che gli si darà, non possono dipendere dalle mie sole riflessioni. Le poche indicazioni riportate qui sopra hanno solo lo scopo di sottolineare, in modo concreto, lo spirito con il quale dovrebbe essere costituito.
Così, per coloro che vorranno consacrare tempo e competenze alla sua creazione, riassumo brevemente questi punti :
• Riunire l’Aikido italiano sotto una sola bandiera per poter levare una sola voce e ritrovarsi pronti quando il governo italiano legifererà in materia di sport.
• Permettere ad ogni gruppo che lo costituirà di funzionare come ha sempre fatto, cioè mantenendo la sua completa autonomia amministrativa, tecnica e finanziara, nel pieno rispetto del lavoro pregresso di ciascuno.
• Ottenere delle condizioni finanziarie interessanti a livello di licenze e assicurazioni, in proporzione al numero delle iscrizioni.
• Fissare un codice etico della pratica dell’Aikido che sia conforme al messaggio del suo fondatore, cioè : lo sviluppo armonioso dell’uomo in relazione all’intero universo.
E’ soprattutto su questo ultimo punto che il consiglio dei Saggi trova la sua principale ragione d’essere. Questo codice etico riguarda infatti tre settori :
• L’attribuzione dei gradi DAN.
• La formazione degli insegnanti e l’istituzione di un diploma corrispondente che sia realmente qualificante.
• L’etica propriamente detta.

I GRADI
Anche a questo livello sarebbe auspicabile che ogni gruppo potesse mantenere le sue prerogative. Tuttavia, ho potuto constatare una certa propensione all’inflazione dei gradi in Italia, per lo meno in rapporto ai criteri valutativi che ho potuto osservare dal Maestro Tamura durante i suoi esami.
Tutti concordano nel pensare che la tecnica non sia il fine ultimo dell’Aikido, ma il mezzo proposto da O’Sensei per divenire Aiki. I più grandi maestri di arti marziali, soprattutto di spada, hanno sempre affermato la supremazia dello spirito sulla tecnica, senza peraltro denigrarla. Tra gli altri, Yamaoka Tesshu disse : « « Particolare » e « universale » sono i due aspetti della pratica. « Particolare » è la tecnica, « universale » è lo spirito. Là dove particolare ed universale sono in armonia si schiude il mondo dell’attività meravigliosa. »
« L’essenza dell’arte della spada poggia sulla padronanza dei due aspetti dell’universale e del particolare. Il particolare fa riferimento alla tecnica, l’universale allo spirito. »
« L’arte della spada consiste nell’utilizzare la non-forma all’interno della forma per ottenere la vittoria. »
Il grado che decreta la fine dell’apprendistato della forma è il 4° dan. Il praticante giunto a questo
livello possiede la tecnica ; ma non ancora l’arte. I gradi successivi confermano la progressiva padronanza dello spirito, ragione per cui non è più necessario sostenere « esami ». Sembrerebbe dunque sensato, per assicurare una certa omogeneità di livello, che l’esame del yondan sia presentato davanti al Consiglio dei Saggi o, almeno, di una maggioranza di essi. In compenso, il candidato verrebbe giudicato solo dal leader del suo gruppo di appartenenza. In questo modo si potrebbe assicurare una certa legittimità al grado, oltre a permettere ai diversi gruppi di presentare pubblicamente il loro lavoro attraverso gli esaminandi.
In conclusione, ogni gruppo conserverebbe la propria autonomia nella attribuzione dei gradi fino al quarto incluso, sottinteso che quest’ultimo dovrebbe essere presentato davanti al Consiglio dei Saggi.
Riguardo ai gradi successivi, sarebbe il Consiglio stesso a definirne i criteri di attribuzione.

L’INSEGNAMENTO
Che l’insegnamento dispensato in futuro sia costruito su criteri comuni condizionerà l’avvenire stesso della disciplina e la sua credibilità. A questo punto però non dobbiamo confondere spartito e interpretazione. In musica, per esempio, si può preferire l’interpretazione di una « Polacca di Chopin » eseguita da Rubinstein piuttosto che da Horovitz. Ciò nonostante si tratta dello stesso spartito, dunque delle stesse note. Nella pittura, esistono infiniti stili, ma tutti gli artisti utilizzano pennello, colori e tela. Allo stesso modo, si può preferire l’Aikido di un maestro piuttosto che di un altro. Eppure, quando questi eseguono un movimento, tutti riconoscono la tecnica realizzata e le danno lo stesso nome, indipendentemente da come è stata interpretata. Uno dei compiti essenziali di questo futuro Comitato sarà dunque di assicurarsi che i futuri insegnanti suonino le stesse note, leggano lo stesso spartito.
Attualmente, qualunque praticante italiano può aprire una sala se dispone di una tecnica sufficientemente credibile, per lo meno agli occhi dei suoi futuri allievi ; ma si sa che : « Al paese dei ciechi, i guerci son re ! ». Se è vero che il bagaglio tecnico è di primaria importanza per quelli che si votano all’insegnamento come per coloro che li seguiranno, non basta però da solo a garantire un insegnamento di qualità.
La parola « insegnare » deriva dal latino volgare : « insegnare, rinforzo del latino signare, indicare (da cui istruire), da signum, segno, e dal latino classico : insignire, lasciare un marchio, segnalare, distinguere ». Il suo significato si situa dunque al di là della pura e semplice trasmissione di tecniche; ruolo, questo, che un libro o un video potrebbero benissimo ricoprire. Consideriamo anche che l’essere istruiti non conferisce necessariamente le qualità del buon
pedagogista (dal greco : paidagôgos, da paîs, paidos, bambino, e da agein, condurre, e dal latino paedagogus, schiavo che accompagna i bambini, precettore).
Non è sufficiente saper leggere e scrivere per essere in grado di insegnarlo agli altri. Insegnare necessita di una pedagogia, di un metodo ; gli istruttori, e gli insegnanti in generale, seguono un iter formativo specifico che conferisce loro la capacità di trasmettere il sapere. E’ a questo riguardo che il Consiglio dei Saggi dovrà deliberare per stabilire e definire i criteri di una formazione indispensabile, e far si che i praticanti votati all’insegnamento possiedano le competenze necessarie per trasmettere l’Aikido in modo professionale ed autorevole. Ma attenzione! Non dimentichiamo che i più grandi virtuosi non sono sempre i migliori professori di musica ; l’allenatore di Cassius Clay non è mai stato campione del mondo di pugilato e il talento artistico di Salvator Dali
non gli è sopravvissuto.

L’ETICA
Diderot ha scritto: « l’etica politica ha due obiettivi principali: la cultura della natura intelligente, l’istituzione del popolo. »
Prendiamo a prestito da questo umanista occidentale, che consacrò la sua vita – sotto ogni aspetto – a risvegliare la coscienza (secondo Goethe), questa frase che riassume in se stessa quello che bisognerebbe intendere per etica, nel contesto specifico di questa esposizione. Dal mio punto di vista – possa perdonarmi Diderot – la cultura della natura intelligente fa riferimento a « la coscienza di sè » e l’istituzione del popolo a «la coscienza morale» o «coscienza sociale o collettiva».
L’Aikido è un «DO», una «Via». Questa via è stata tracciata dai fondatori del SHIN-BUDO (discipline marziali moderne) come Jigoro Kano, Morihei Ueshiba, Funakoshi Gichin, Yamaoka Tesshu, per citare i più illustri : utilizzare le arti maziali classiche come sistema per migliorare il corpo e lo spirito dell’uomo orientandolo verso una ricerca d’armonia con se stesso e la società nella quale vive, e raggiungere così un mondo di pace e in pace.
Tutti concordano nel pensare che l’Aikido sia una filosofia, una scuola di vita – non parliamo forse di «spirito dell’Aikido» ? – che si situa al di là della tecnica,… che ne è solo il supporto, che si pratica 24 ore su 24, sul tatami e fuori di esso, ed altre considerazioni profonde ed elevate. Peccato ! I fatti sembrano dimostrare che la società degli aikidoka non si comporta diversamente dalle altre. Spetterà dunque al Consiglio dei Saggi istruire i praticanti (dal latino in, prefisso che sottolinea il movimento verso, e struere, assemblare, ordinare, costruire) su questo aspetto, un poco astratto, della nostra disciplina.

CONCLUSIONE
Come ho sottolineato nel preambolo di questa esposizione, può sembrare presuntuoso, per non dire utopistico, tentare di nuovo di costruire l’unità dell’Aikido italiano, considerate le sue divergenze e i fallimentari tentativi precedenti. Il mio incurabile ottimismo è temperato da una buona dose di
pragmatismo e le mie speranze in questa ipotetica unione si basano: • sulla congiuntura europea e l’apparente volontà politica italiana di regolamentare lo sport, • su di un diverso modo di funzionamento di questo futuro Comitato, • sulla capacità di questi futuri «dirigenti» – il consiglio dei Saggi – di dare più di quanto la struttura non possa rendere loro, semplicemente perchè la pratica glielo ha già apportato.
Questo scritto si rivolge quindi a tutti i praticanti di buona volontà, desiderosi di dimostrare che l’armonia con se stessi è indissociabile dall’armonia con gli altri.
Ma lascio l’ultima parola a O’Sensei estrapolando questo breve passaggio dall’unico libro che ci ha tramandato «Budo»:
«L’approccio all’«altro» può essere considerato come un’occasione di testare la sincerità del nostro allenamento mentale e fisico, di vedere se siamo capaci di una risposta effettiva, in accordo con la legge divina.»

Daniel Leclerc
Milano, il 31 maggio 2004

 

*NDR: Sopra sono riportati i direttori tecnici delle maggiori organizzazioni di Aikido operanti in Italia.



36 commenti

  1. nik2012 wrote:

    gran bell’articolo. induce ad una saggia riflessione. io credo che l’insegnante oltre ad un’ottima conoscenza e preparazione tecnica debba possedere anche e soprattutto una innata e sensibile predisposizione all’insegnamento, che non può acquisirsi con un semplice corso.
    un saluto.

  2. Aldo wrote:

    Come ho sentito dire parecchie volte, (e non è detto che sia giusto) è meglio un gallo per pollaio che tre o quattro nello stesso. Mettere insieme tante teste di “saggi”, non sempre rende questi ultimi, saggi.
    Ai veri praticanti di aikido, non interessano questi discorsi politici che tendono a falsare l’aikido stesso ed a snaturarne l’essenza. A loro, piace fare Aikido. La competiziiione a loro non interessa altrimenti avrebbero scelto uno sport.
    Sicuramente sarebbe necessario però, anche in presenza di più associazioni, un comune codice deontologico. Indipendentemente dallo stile praticato e dalla federazione a cui appartiene, in Italia abbiamo eccellenti Maestri. Purtroppo, spesso capita di vedere come venga interpretata male la parola Maestro. Non come una GUIDA ma come INSEGNANTE ed allora, se uno è shodan e ha la possibilità di aprire un corso, si fara’ magari chiamare MAESTRO a scapito dei veri maestri. Negli anni 75-80 erano in voga films di arti marziali (il piu’ famoso: le 5 dita della violenza). Ogni scuola aveva un suo stile e cercava di imporre la sua bravura su altre scuole anche con la violenza. Sicuramente non è il nostro caso ma anche se sul territorio ci sono più associazioni, per chi fa aikido sarebbe bello poter apprendere da ognuna senza pericolo di essere considerato un intruso. Se si andrà avanti cosi’ e’ questo che succederà ed un codice deontologico comune tra le associazioni potrebbe creare una tacita collaborazione tra i vari gruppi esistenti senza voler a tutti i costi unirli in uno solo.
    mi scuso per la lungaggine

  3. Ivan wrote:

    Indubbiamente lo scritto è notevole, frutto di esperienza ed acume personale.
    Tuttavia mi permetto una piccola correzione:
    … I fatti “dimostrano” che la società degli aikidoka non si comporta diversamente dalle altre… nonostante promuova e ricerchi un cammino di collaborazione con l’altro.
    La mia opinione è che Ueshiba per “persone oneste e sincere” intendesse uomini che sappiano riconoscere i propri limiti e che abbiano il coraggio di provare a superarli, e non credo si riferisse all’Aikido in senso stretto.
    Un saluto.

  4. Andrea wrote:

    Le citazioni sevono a due cose: dare sfoggio alla propria cultura e a commemorare un defunto (questa è ovviamente la mia impressione), citare le citazioni invece serve a commemorare l’anniversario della morte. Non sarà che l’Aikido è già morto e non ce ne siamo accorti?. So di associazioni dove esiste la corrente di sinistra e la corrente di di destra, oppure di associazioni che improntano l’Aikido in modo “cattolico”. L’Aikido è diviso perchè non si sta evolvendo, c’è aria di restaurazione di ritorno al passato, di paura del fututro, comprensibile del resto visto che non si riesce ad accettare che il futuro non si può prevedere con la precisione che ci aspettiamo. Se citiamo Castaneda poi (già morto di sicuro!?…..quindi citabile) ci accorgiamo che anche gli antichi avevano il problema degli “Stregoni” “buoni” e “cattivi” anche se loro usavano altre accezzioni, c’erano gli stregoni che usavano i loro poteri per il potere e gli stregoni che lo usavano per tramandarlo. Chi usa il potere per il potere non ha nessun vantaggio ad usarlo per tramandarlo…se non solo ai propri figli o parenti….. Insomma si deve solo decidere da che parte stare il resto viene da se.

  5. samurai wrote:

    L’Aikido sotto un unico tetto? Davvero pensate che possa funzionare?
    Oggi se dovesse cambiare la legge Italiana le uniche associazioni riconosciute sarebbe la Federazione e gli enti di promozione che possono definirsi tali perchè rispettano dei criteri per poter continuare ad evere il riconoscimento del CONI quest’anno alcune Enti hanno perso tale riconoscimento. Tutte le altra non sono organizzazioni SPORTIVE. Come alcune delle associazioni riportate nel testo
    *NDR: Sopra sono riportati i direttori tecnici delle maggiori organizzazioni di Aikido operanti in Italia.

  6. NEL VOSTRO ELENCO MANCANO IN PARTICOLARE IL M° GIORGIO OSCARI D.T. DELLA ATAGO ED IL M° GIUSEPPE LISCO DELLA IWAMA U.I.S.P.

  7. samurai wrote:

    se vogliamo ne esitono altri M° Alessandro Tittarelli, M° Fabio Mongardini, M° Raffaele Foti, M°Mazzilli Stefano e sicuramente ne avrò dimenticato qualqun’altro. Pur non essendo grosse organizzazioni lavorano e promuovono l’Aikido e non hanno niente da invidiare le altre organizzazioni a parte il numero degli iscritti…

  8. Antonio Bimbi wrote:

    …qualcuno ha mai sentito di Giovanni Filippini, Enzo Sicali?

  9. Non credo che sia opportuno nè di interesse prioritario elencare i nomi di tutti i signori feudali che popolano questa frammentata situazione.
    Credo piuttosto che ci si debba fermare all’analisi del testo, al messaggio di fondo: ovverosia cogliere motivazioni, opportunità e modalità del suggerimento offerto.
    Le motivazioni di una riunificazione quantomeno buroctatica dell’Aikido italiano sono ovvie; sono motivazioni dovute ad uno scarso peso politico, ma che dovrebbero essere opportunamente cosiderate e veicolaite secondo precise modalità.
    Non ho dubbi sul fatto che anche il sistema proposto dal M° Lecler presti il fianco a rischi e/o buchi, ma quantomeno si propone come un modello vero, tangibile ed assolutamente realizzabile.
    Un modello in cui l’esercizio del potere è frammentato e controllato.

  10. samurai wrote:

    Bella la tua espressione “signori feudali” simpatica.
    Vorrei ricordarti pero, che l’ unificazione Feudale dell’Aikido in un paese avanti anni luce come la Francia dall’Italia per quanto riguarda le arti marziali e fallità non ostante siano bravi non sono riusciti a creare un aikido unito, ma hanno ucciso tutti i signori feudali a sottostare ai signori più potenti… Considera che O-sensei quando usa il termine di un unico AIKIDO non intendeva tutti sotto una stessa FEDERAZIONE O ALTRO, è lo ha dimostrato lasciando liberi Maestri come Tomiki per esempio e molti altri..

  11. aikidonew wrote:

    salve a tutti! se di unificazione non tecnica, ma piuttosto “organizzativa”, vi proporrei l’analisi di della British Aikido Board al sito:
    http://www.bab.org.uk

  12. Tolomeo wrote:

    L’Aikido come detto prima non e’ uno sport.. quindi , secondo me , non dovrebbe centrare nulla con il CONI , in Italia esiste l’Aikikai, che e’ riconosciuto come associazione di cultura tradizionale giapponese, quando pratici l’aikido non fai sport ma bensì ti addentri nella cultura giapponese. (di cui o-sensei ne era l’esempio).E poi non sta a noi decidere quali associazioni debbono divulgare l’aikido , ma deve essere l’Hombu Dojo (luogo dove e’ nata questa disciplina e diretto dal nipote del grande maestro) a designare quali organi posso divulgare questa arte marziale , anche se negli ultimi anni ha autorizzato un po’ tutti, poi se uno vuole insegnare l’aikido senza seguire le linee guida del Maestro Morihei Ueshiba e padronissimo di farlo ed associarsi con chi vuole, pero’ non e’ lo spirito originale …
    A voi la scelta…
    Un saluto

  13. samurai wrote:

    Lo spirito ORIGINALE?
    Vorrei ricordarti caro amico che proprio dentro l’Aikikai sia Giapponese che quello Italiano non esiste un unico stile ma ogni maestro porta avanti un proprio “stile” . Sei già stato in Giappone? All’Hombu dojo?
    Fatti un giro e poi capirai…
    A te la scelta…
    Un saluto

  14. tolomeo wrote:

    In questo contesto si parlava di organizzazione non di maestri, e’ ovvio che ogni insegnante con vari anni alle spalle metta del suo, anche l’aikido che conosciamo noi non era quello che insegnava o-sensei per che “ristrutturato” dal secondo Doshu.In questo articolo si parlava di unificare le vari organizzazioni, ho solo fatto presente che quella creata da Ueshiba stesso e’ ancora esistente e tutti i grandi maestri provengono da li, in seguito si sono staccati e hanno creato delle prorie federazioni.
    saluti

  15. samurai wrote:

    Bravo sono d’accordo con te!
    Visto che O sensei ha rispettato tutti quei Maestri che si sono aperti un organizzazione per i fatti loro e gli ha concesso di farlo, smettiamolo con questa storia che si deve mettere tutto sotto un unico tetto che sia Aikikai o altro. Tra l’altro in Italia il monopolio dell’Aikikai lo ha Fujimoto che fa il bello e il cattivo tempo e per quanto io lo possa considerare bravo non è l’unico Maestro ad esserlo io ho conosciuto Maestri Italiano di piccole e grandi organizzazioni bravi quanto Fujimoto se non piu bravi….
    Fatevi un giro nelle piccole organizzazioni e scoprirete un lavoro del mondo dell’Aikido che è spettacolare.
    Qui si ha sempre la tendenza a dare importanza ad organizzazioni solo ad organizzazioni di un certo tipo quasi come si ci fossero interessi personali…
    Saluti anche a te

  16. Viaggiatore wrote:

    Cari aikidoka,
    devo ammettere che l’articolo offre numerosi spunti per adeguate riflessioni, ma nei commenti risulta tangibile una certa preponderanza di un “politico scetticismo”: forse i neanche numerosi commenti a questo lucido articolo sono dettati da presunzioni, interessi o altre ragioni che sono, peraltro, ignote.
    L’articolo è chiaro, esplicito, esaustivo e le citazioni servono eccome.
    Un plauso al M°Autuori lucido e sincero nel commento.
    Sono un praticante che aspira a divenire un maestro, ma, man mano che il tempo passa ed acquisisco una tecnica superiore, mi rendo conto che l’Aikido è un arte e solo da un artista può essere compresa in pieno: non tutti i maestri sono artisti e la loro bravura tecnica, spesso, non corrisponde ad un’adeguata preparazione dei propri allievi…
    Un mio insegnante di ragioneria disse una volta: “…un bravo insegnante deve sapere, saper fare e saper far fare…”
    Applicato all’Aikido, in questo specifico caso, calza a pennello..
    L’Aikido è un’arte, un mezzo, una Via…ove ognuno viaggia seguendo il ritmo dettato dal suo respiro, in armonia col suo spirito…
    O Sensei ci ha mostrato l’Aikido e ce l’ha donato in eredità e poco importa quanti maestri o federazioni o scuole ci siano…l’unica Via è la pratica e solo mediante essa si raggiunge l’Aiki…
    La mia non era una polemica…ma una preghiera di praticare, praticare, praticare per imparare ed insegnare, per prendere per poi donare l’Aikido non è un tesoro lasciatoci in eredità, ma un insegnamento da tramandare…il come non ha importanza…il buon maestro si vede dalla bravura dei suoi allievi più giovani…
    Scusate le mie divagazioni, spero di incontrare tutti voi sul tatami per poter praticare un buon Aikido ed imparare sempre di più…ed avvicinarmi all’essenza dell’Aiki…
    Grazie a tutti i lettori

  17. Luigi wrote:

    Viaggiatore ha scritto:

    1) Un mio insegnante di ragioneria disse una volta: “…un bravo insegnante deve sapere, saper fare e saper far fare…”
    2) L’Aikido è un’arte, un mezzo, una Via…ove ognuno viaggia seguendo il ritmo dettato dal suo respiro, in armonia col suo spirito…
    3) il buon maestro si vede dalla bravura dei suoi allievi più giovani…

    Concordo pienamente!…. Se a tutti fossero chiari questi tre punti, in Italia avremmo un Aikido completamente diverso…

    Luigi Branno

  18. samurai wrote:

    Penso che il tuo insegnante abbia proprio ragione!!
    L’Aikido appartiene a tutti e la cosa più bella è praticare insieme al di là dell’organizzazione a cui uno appartenga. Questo è il motivo per cui non mi preoccupano le innumerevoli organizzazioni che esistono.
    L’Aikido è un grande fiume e le organizzazioni i suoi affluenti per quanto si possa essere differenti alla fine raggiungiamo tutti il fiume e chi non lo raggiunge vuol dire non è abbastanza serio per poter raggiungere il grande obbiettivo che va alla pratica di tutti insieme.
    Ciao a tutti

  19. Ringrazio il Viaggiatore.
    Samurai, sarò franco: non è di mio interesse un ritorno a fantomatiche origini, ma solo la creazione di un immagine forte, un immagine cepace di far sentire la propria presenza e la propria voce ove e quando ve ne sia bisogno. Restando in ambiti ragioneristici: si è unificato l’albo dei Dottori Commercilaisti con quello dei Ragionieri Commercialisti per creare una nuova realtà più forte. Non vedo perchè non si possa cogliere l’esempio, un organizzazione politicamente più forte potrebbe anche fare dare forza alla nostra immagine.

  20. Marino wrote:

    Cari amici,
    proviamo a leggere quest’articolo come se parlasse di altro e non di Aikido, in modo da non pensare troppo al proprio stile ed al proprio M° di riferimento……il punto è un’altro!!
    Se domani lo Stato decidesse di riconoscere un diploma per l’insegnamento dello Sport!
    Mettiamo dell’ Aikido nello specifico, cosa succederebbe?
    Perchè non correre al riparo prima?
    Perchè non accordarsi?

  21. samurai wrote:

    Guardate se domani lo stato riconoscesse un diploma per l’insegnamento dello Sport sull’Aikido le uniche persone che sarebbero riconosciute sarebbero coloro che sono iscritti nella federazione e coloro che hanno il riconoscimento di ente di promozione, TUTTI gli altri non sarebbero riconosciuti. Questo è per quello che oggi la legge prevede. Quindi per tutti coloro che vogliono un Aikido unico si assicurino prima di rientrare in queste realtà.
    Rispondo a chi fà l’esempio dell’albo l’albo dei Dottori Commercilaisti con quello dei Ragionieri Commercialisti, queste persone lo fanno giustamente per LUCRO, beh! non credo che sia un esempio appropriato sull’Aikido.
    BUON ANNO A TUTTI

  22. Marino wrote:

    Samurai,
    scusa se ti cito ma ho qualche differenza di veduta:

    -Guardate se domani lo stato riconoscesse un diploma per l’insegnamento dello Sport sull’Aikido le uniche persone che sarebbero riconosciute sarebbero coloro che sono iscritti nella federazione e coloro che hanno il riconoscimento di ente di promozione, TUTTI gli altri non sarebbero riconosciuti.

    Forse ma non è detto (per questo sarebbe opportuno precedere lo Stato)

    -Questo è per quello che oggi la legge prevede.

    Quale legge.

    -Rispondo a chi fà l’esempio dell’albo l’albo dei Dottori Commercilaisti con quello dei Ragionieri Commercialisti, queste persone lo fanno giustamente per LUCRO,

    Gli Albi servono “anche” a tutelare chi si avvale di un professionista.

    beh! non credo che sia un esempio appropriato sull’Aikido.

    E’ questo quello che “io” spero per l’Aikido.
    Buon Anno A tutto l’ Aikido Italiano

  23. samurai wrote:

    Caro Amico, quando parlo della legge dello Sport mi riferisco ai riconoscimenti che lo stato precisamente il C.O.N.I conferisce alla Federazione e a gli Enti di Promozione, infatti esiste già in un certo modo un ALBO anzi se parliamo di Federazione e di Enti di Promozione ne esiste anche più di uno e tutti riconosciuti. Quelli che escono fuori dal coro sono quelle organizzazioni che vogliono essere solo associazioni, enti morali e altro ancora che dicono di non essere uno Sport ma vogliono il riconoscimento sportivo. Insomma l’Aikido è libero chi si vuole iscrivere ed essere riconosciuto a livello sportivo può farlo, chi invece non vuole esserlo perchè pensa che l’Aikido non è uno Sport può restare in altre associazioni abbiamo nello stesso tempo tutti la possibilità partecipare a stage indistintamene di una Federazione Ente o Associazione o Ente Morale.
    MA CHE CAVOLO VOGLIAMO ANCORA?? MA CHE VOLETE ANCORA??
    VOLETE UN ALBO MA A CHE SCOPO???
    Credo che chi voglia L’Aikido sotto un unico tetto debba prima dirci se lo vogliono come Sport quindi riconosciuto dal CONI oppure NON esempio come la Rispettabile Aikikai?
    E poi anche per quali interessi!!??
    Ciao a tutti

  24. samurai wrote:

    Rispondo di nuovo in quanto la mia utima risposta datata 05/01/09 si deve essere persa dopo che lo fatta pubblicare.. Sostanzialmente ti rispondevo caro amico Marino, che lo stato anzi più precisamente il C.O.N.I. in qualche modo riconosce già degli Albo e si chiamano Federazione e Ente di Promozione, tu ne vorresti un’altra???? Vedi caro amico, esistono persone che non considerano l’Aikido uno sport e per questo si affiliano a associazioni, enti morali o ad altro, altri invece che vogliono il riconoscimento sportivo quindi si affiliano alla Federazione o ad un Ente di Promozione ogniuno di loro pratica Aikido inoltre riescono a parteciare a stage comuni organizzati o da una parte o da l’altra senza problemi. Se vuoi un Albo iscriviti a quelli che già esitono e non pensare di farne un’altro altrimenti non cambieresti niente. L’ALBO è qualcosa che viene riconosciuto da una istituzione LO STATO (quindi Federazione e Ente di Promozione) le altre tutte lecite ma sono soltanto associazioni che pur essendo rispettabili hanno deciso di non far parte di quell’albo riconosciuti dallo stato. Ora uso una tua frase “Gli Albi servono “anche” a tutelare chi si avvale di un professionista” se lo stato(CONI) non ti sembra un buon garante non so proprio che Albo vuoi…
    Sperando che anche questa mia risposta non sparisca ti saluto cordialmente.
    Ciao a tutti.

  25. Samurai, l’esempio non risulta calzante se ci facciamo fuorviare dalla dicotomia (un pò forzata in verità): soldi-arti marziali.
    L’esempio risulta calzante se andiamo oltre…e osserviamo il comportamento di 2 gruppi sino a ieri ben distinti e separati, in concorrenza netta tra loro e che hanno saputo valutare una situazione perfettamente per quella che è: una situazione di necessità.

  26. Marino wrote:

    OK! lo so non sono bravo a scrivere!
    Allora….In Francia non tutte le associazioni sono affiliate alle federazioni riconosciute(FFAB e FFAAA) ma lo Stato riconosce “solo” queste, nel senso che per conseguire un diploma d’insegnamento dello sport/Aikido bisogna percorrere quella strada. Se poi un individuo insegna nella propria associazione non inquadrata in una di queste federazioni può farlo, ma non è un insegnante con diploma di Stato.In Italia, attualmente, lo Stato delega, a mio avviso impropriamente, al CONI la “gestione” dello sport. Quest’ ultimo non ha fatto altro che istituire un registro delle Societa ed Associazioni sportive, che per essere riconosciute devono affiliarsi ad un EPS. Ogni EPS fa come gli pare (tanto in Italia fanno tutti come gli pare) riconosce i gradi le qualifiche e qualsiasi cosa gli venga in mente, senza rispettare il benche minimo protocollo(giustamente!! non ce ne sono!!).
    Tutta questa confusione a chi lede?
    All’ utente ,cioè praticante, cioè tutti noi!! Sul fatto poi, che taluni discutano sul Aikido=Sport / Aikido=No Sport, vorrei solo far riflettere sul fatto che la disciplina da noi tanto amata nonostante sia giapponese, rifiuti la competizione ecc. ecc., è assimilabile a qualsiasi altra disciplina motoria (sfido chiunque a dimostratre il contrario) e che quindi per insegnarla ci sia bisogno di apprendere alcuni principi:
    - Primo Soccorso;
    - Teoria dell’ allenamento;
    - Anatomia;
    - Fisiologia;
    - Psicologia dello Sport;
    - Pedagogia.
    Ed altro, il tutto in maniera superficiale naturalmente, senza prendere una laurea in medicina. Penso che al di la dello stile praticato, possiamo affermare che l’Aikido è una disciplina motoria(anche!!) e che per insegnare tale disciplina bisogna sapere delle cose. Decidiamo queste cose da sapere quali sono, mettiamole per iscritto ed ecco fatto, senza creare albi registri e quant’altro.
    Scusate se sono stato divagante ma l’argomento è troppo ampio.
    Con Cordialità.

  27. samurai wrote:

    Sai, esiste sempre più di una verità. Situazione di necessità? Forse…
    Ciò che ho scritto è qualcosa che gli Aikidoka conoscono a volte però non si ha il coraggio di riconoscerlo. Due multi nazionali che si uniscono lo fanno per una situazione di necessità e molte volte anzi sempre lo fanno per una necessità che si chiama Denaro. In questo caso forse non è cosi, ma se due organzzazioni di Aikido decidono di unirsi per necessità loro questo non vuol dire che lo debbano fare tutti.
    Ciao

  28. Hai centrato il punto: lo fanno per denaro.
    Il quale spesso è una motivazione sufficente per rimuovere gli ostacoli.
    Ma (ripeto), il fatto che loro lo facciano per denaro (loro ragion d’essere tra l’altro) cosa impedisce agli altri di adottare lo stesso atteggiamento per motivazioni diverse?

  29. Viaggiatore wrote:

    Spettabili Aikidoka e lettori in genere, purtroppo, col passare del tempo, qualcuno tende a dimenticare, quindi, volevo qui riportare di nuovo un mio commento precedente:
    “Cari aikidoka,
    devo ammettere che l’articolo offre numerosi spunti per adeguate riflessioni, ma nei commenti risulta tangibile una certa preponderanza di un “politico scetticismo”: forse i neanche numerosi commenti a questo lucido articolo sono dettati da presunzioni, interessi o altre ragioni che sono, peraltro, ignote.L’articolo è chiaro, esplicito, esaustivo e le citazioni servono eccome.Un plauso al M°Autuori lucido e sincero nel commento.Sono un praticante che aspira a divenire un maestro, ma, man mano che il tempo passa ed acquisisco una tecnica superiore, mi rendo conto che l’Aikido è un arte e solo da un artista può essere compresa in pieno: non tutti i maestri sono artisti e la loro bravura tecnica, spesso, non corrisponde ad un’adeguata preparazione dei propri allievi…Un mio insegnante di ragioneria disse una volta: “…un bravo insegnante deve sapere, saper fare e saper far fare…”
    Applicato all’Aikido, in questo specifico caso, calza a pennello..L’Aikido è un’arte, un mezzo, una Via…ove ognuno viaggia seguendo il ritmo dettato dal suo respiro, in armonia col suo spirito…O Sensei ci ha mostrato l’Aikido e ce l’ha donato in eredità e poco importa quanti maestri o federazioni o scuole ci siano…l’unica Via è la pratica e solo mediante essa si raggiunge l’Aiki…
    La mia non era una polemica…ma una preghiera di praticare, praticare, praticare per imparare ed insegnare, per prendere per poi donare l’Aikido non è un tesoro lasciatoci in eredità, ma un insegnamento da tramandare…il come non ha importanza…il buon maestro si vede dalla bravura dei suoi allievi più giovani…
    Scusate le mie divagazioni, spero di incontrare tutti voi sul tatami per poter praticare un buon Aikido ed imparare sempre di più…ed avvicinarmi all’essenza dell’Aiki…”
    Grazie a tutti i lettori

  30. Andrea wrote:

    L’unità dell’Aikido in Italia potrebbe significare la fine dell’Aikido in Italia.

  31. Andrea wrote:

    Per unire l’aikido in Italia si dovrebbe cominciare a permettere a chimunque di qualsiasi associazione di aikido in Italia di partecipare a qualsiasi stage di aikido organizzato da qualsiasi associazione di aikido. Per permesso si intende che partecipando ad uno stage di un’altra associazione si sarebbe comunque coperti da ssicurazione dell’associazione ospitante. Per fare ciò basterebbe fare in modo che le associazioni si riconoscessero a vicenda.
    La pratica del riconoscimento reciproco viene già praticata tra alcune associazioni, semplicemente basterebbe publicizzarla ed estenderla in modo completo.
    Da qualche parte si deve pur cominciare!

  32. Ciao a tutti, ho letto i Vostri commenti, interessanti; maestro tizio.. maestro caio… stile A stile B stile C ecc..
    O’ Sensei ha avuto tanti figli, ognuno dei quali ha praticato e codificato il proprio stle in base al suo fisico, la sua filosofia dell’AIKIDO; ed ecco che oggi ci ritroviamo al cospetto di insigni Maestri che si permettono il lusso di dire.. questa tecnica va fatta cosi’ !!
    Scusate ma la cosa mi fa sorridere, perchè nel nostro DNA di aikidoka c’e’ un comune denominatore; O’ SENSEI.
    Ogni scuola ha una sua didattica, che si raffronta e giudica le altre.
    IWAMA vede tutti gli altri praticanti “omeopatici”, gli altri la giudicano “legnosa”,
    UISP (la mia) troppo legata alla didattica poca poesia e libero arbitrio.
    AIKIKAI ITALIA un aikido libero da pregiudizi ma con tanta burocrazia.
    ecc.
    Credo che abbiamo perso di vista il comune denominatore: AI
    Sarebbe utopistico pensare ad una SOLA e grande associazione nella quale noi maestri potremmo insegnare senza raffronti e paragoni. Forse un giorno quando saremo più maturi riusciremo a realizzare questo mio grande sogno.
    Scusatemi se questo mio pensiero è in contrasto con il Vostro.
    Ringrazio Fabio Branno per avermi dato nel suo sito la possibilità di esprimere il mio grande amore per l’AIKIDO e di poter comunicare con i miei colleghi.

  33. Simpatico questo forum, come per magia spariscono i commenti lasciati in maniera educata e rispettosa; forse perchè toccano la problematica del potere dell’AIKIDO in Italia? O forse perchè non condivisi ?
    Ciao a tutti coloro non hanno avuto la possibilità di leggere il mio umile commento lasciato due giorni fà.

  34. Ciro wrote:

    Chiunque sappia cos’è l’AIKIDO, può esprimere la propria opinione, secondo me nel mio piccolo ritengo che qualsiasi sia l’entità dell’Associazione ed il potere assegnato alla “Classe Dirigente”, il modo migliore per unire le migliaia di piccole associazioni indipendenti, sarebbe quello di eleggere i propri dirigenti democraticamente, dove ogni associazione candida il proprio, il quale resta in carica sino alla successiva votazione. Creare un limite al potere dell’eletto, dare la possibilità ad ogni Scuola di continuare a praticare il proprio Stile e soprattutto, vedere l’Aikido non come una fonte di guadagno, dove tra iscrizioni, mensilità e quote dìesame onerose, sono molte le persone che vorrebbero praticare ma non possono.

  35. Ciao a tutti.
    Io francamente sono convinto che le caratteristiche peculiari affinchè l’Aikido continui ad essere quella nobile disciplina codificata da M. UESHIBA, sono due:
    1) Bisogna eliminare il professionismo, ovvero persone che si “campano” dall’ AIKIDO rendendolo sterile e come disse un grande maestro (?) INQUINANDOLO; perchè questa gente non potendo vivere solo dagli introiti ricavati dalla nostra disciplina, si vede costretta a praticare altri sport marziali, tipo KARATE, BOX ecc.. ed inevitabilmente trasmettono alla nostra didattica (Aikikai o Uisp che sia) delle rigidità che caratterizzano le altre discipline.

    2) Gli esaminatori dovrebbero smetterla una volta per tutte di ripetere una frase che sa di ignoranza in materia di Aikido, e di poca elasticità mentale, tipo: la nostra didattica è diversa, il nostro stile…… non prevede….. seguire lo studio delle linee e degli angoli… (vedi “teoria del cerchio di O-SENSEI) altro che linee ed angoli. ( http://scuolaaikidomassafra.it/page19.php )
    Della serie siccome il nostro caposcuola C. TISSIER è un grande coreografo e le sue tecniche esprimono una grande forza; quando qualcuno pratica come il M° YAMAGUCHI , ENDO o TADA a questi viene puntualmente fatto notare che si sta allontanando dalla didattica senza rendersi conto che questi si sta avvicinando all’ultimo dei tre livelli dell’Aikido, descritti perfettamente in un articolo del M° BRANNO.
    A mio modesto parere bisognerebbe vedere l’Aikido con una prospettiva di 360° e notare soprattutto la tranquillità di esecuzione, e quanto questa disciplina è parte integrante del DNA del praticante.

    L’Aikido è l’unica disciplina in cui noi insegnanti non ci permettiamo MAI di sopravvalutarci rispetto alle altre; cosa comune in altre tipo Wing TSUNG ecc.
    Però abbiamo problemi interni di didattica anche in scuole appartenenti alla stessa associazione. Maestri che criticano altri loro colleghi credendosi ” ER MEJO DER MONNO ”

    Nel nostro dojo si sono avvicendati in stage tanti maestri e tutte persone splendide ed umili. Io personalmente amo frequentare questi VERI MAESTRI, quando per maestro non si intende solo un grado su una pergamena, ma la capacità di trasmettere qualcosa che oltre il tatami.
    Buona pratica a tutti.
    Gianni

  36. Leano wrote:

    Non penso che l’Aikido necessiti una classificazione sotto una associazione sportiva, visto che non è uno sport, e le motivazioni di questa affermazione sono molto più complesse della semplice costatazione che non ci sono competizioni. Il termine Budo di per se costituisce una categoria a parte da sport indipendentemente dalle competizioni sportive, per esempio il Kyudo è un budo che non necessita una classificazione sportiva pur avendo competizioni. AiKiDo è la via per raggiungere l’unione con l’universo, gare o meno, la finalità e i metodi per perseguirla non hanno nulla a che vedere con quanto viene comunemente indicato con il termine sport, e questo soltanto considerandone il nome. ci sono diversi modi in cui l’aikido può essere riconosciuto dal governo per esempio l’Aikikai d’italia ,che non è affatto presidio del maestro Fujimoto, è riconosciuta dal governo italiano quale ente morale (personalità giuridica D.P.R. 526 del 08/07/1978), grazie all’opera dell Maestro H. Tada.

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