Pellegrinando fra il Nulla e l’Assoluto – Milano

La fede contemplando la natura, la poesia che germina dal silenzio 130325incontricappellaniaSabato 6 aprile 2013

Chiesa Santa Maria Annunciata in Camposanto (Cappellania giapponese)
Piazza Duomo 18, Milano.

Il primo incontro che si terrà presso la Cappellania cattolica giapponese, all’interno del ciclo organizzato dalla comunità Vangelo e Zen guidata da Padre Luciano Mazzocchi, sarà dedicato al rapporto tra natura e parola poetica, nell’incontro tra la poesia medioevale europea e gli haiku giapponesi.
Se la “lauda” spirituale, che si sviluppò soprattutto in Italia nel basso Medioevo, divenne la canzone sacra più importante nell’esprimere la sensibilità e i sentimenti dei poeti o dei trovatori, gli haiku hanno saputo offrire piuttosto un puro incontro con il mondo della natura, accolta e descritta nella sua spontaneità, senza alcuna sovrapposizione dell’“io” poetante. Non solo: mentre l’estetica occidentale ha elaborato in modo esemplare la categoria del bello o di sublime come modalità di apprezzamento estetico, gli antichi trattati giapponesi di poetica hanno privilegiato altre nozioni, come quella del «naturale» o dello «spontaneo». Il naturale è stato da sempre considerato il culmine del culturale: non il punto di partenza da superare, ma ciò a cui tendere; è proprio alla luce di questa categoria che vengono considerate e apprezzate le opere e lo stile dei poeti e degli artisti.
Ma i versi di San Francesco o di Jacopone da Todi possono entrare in risonanza con quelli di Matsuo Basho, Kobayashi Issa, Ryokan, poiché tutti sono animati da una capacità mistica di comunione con l’accadere delle cose, con il darsi della realtà che proprio nella sua dimensione naturale si presenta agli occhi e allo spirito dell’essere umano come un’occasione di incontro con il divino.
In questa prima occasione di ascolto e di partecipazione al dialogo tra forme poetiche diverse ma al contempo vicine, l’introduzione alle forme poetiche di Marcello Ghilardi lascerà spazio alle interpretazioni di Asaki Yasuo, Luna Pizzo e Gualtiero Scola, in un transito e in una risonanza continui tra la riflessione estetica e la lettura poetica in lingua italiana e in lingua giapponese.

Cosa permette a questi testi di “parlare” anche ai lettori di oggi?

I testi che verranno letti e commentati non costituiscono solo un documento importante per testimoniare alcune pagine straordinarie della cultura italiana e giapponese nei secoli passati, ma possiedono una forza ancora viva e fresca che comunica con ogni essere umano. Al di là delle parole, degli stili, delle forme particolari di ciascun tipo di componimento, al centro delle laudi o degli haiku è posto – pur se con accenti e prospettive differenti – l’incontro dell’essere umano con la natura e con la propria interiorità. E’ un dialogo che non ha mai cessato di animare i percorsi culturali e spirituali dell’uomo, ad ogni latitudine e in ogni tempo, e che oggi può aiutarci ad attraversare un tempo così complesso e per molti versi disorientante.

Da cosa dipende la differenza fra l’estetica occidentale, che tende al bello, e quella giapponese, che tende al naturale?

La differenza tra le due forme di estetica (ma già parlare di una estetica orientale significa proiettare su di essa alcuni concetti o modi di esperienza tipicamente occidentali) è difficilmente sintetizzabile in pochi tratti. Si potrebbe però sottolineare almeno due aspetti: da un lato, l’importanza del soggetto e dell’individualità per la sensibilità filosofica, artistica e politica europee, rispetto all’attenzione rivolta alla comunità, allo sciogliersi dell’individuo nel cosmo, più sviluppata nel mondo dell’Asia orientale; dall’altro, la relazione con la trascendenza, che arriva in molti casi a slegarsi dalla natura, in Occidente, rispetto alla capacità tipicamente cinese e giapponese di entrare in contatto con un flusso immanente della natura (per lo meno nella tradizione antica). Queste due rilevanti differenze, da dosare poi caso per caso, possono aiutarci a capire quelli che sono non degli assoluti, ma dei grandi “solchi” su cui Europa e Asia orientale hanno sviluppato i propri percorsi.

Un incontro aperto anche agli atei?

Questo tipo particolare di componimenti non hanno affatto come destinatari privilegiati coloro che si sentono attratti da un messaggio spirituale particolare, o interessati all’ambito religioso. Tanto nell’esperienza mistica occidentale, quanto in quella orientale – così come nelle forme poetiche che talvolta queste esperienze assumono per comunicarsi – c’è spazio per un incontro con il mistero della vita che va al di là di ogni appartenenza o declinazione religiosa. L’idea che questo incontro vorrebbe trasmettere è quella di un dialogo, interiore ed esteriore al tempo stesso, tra esperienze e culture diverse che ci aiutano ad approfondire il senso del nostro esistere.

(Marcello Ghilardi, Università di Padova)



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