Tabù (Gohatto)

Dopo una lunghissima assenza, dovuta al decorso di una grave malattia, torna finalmente dietro la macchina da presa a quasi settant’anni Nagisa Oshima: confermando in questo piccolo gioiello quella sua inclinazione a un erotismo crudele e lugubre che lo aveva reso famoso presso il grande pubblico con “L’impero dei sensi”. Come per tutti gli artisti decadenti, anche per Oshima la bellezza è portatrice di morte.
Ed ecco infatti che l’arrivo del conturbante efebo Kano Sozaburo (bello e androgino come certi eroi dei manga) insinua delitti e gelosie in un gruppo di samurai, minando il rigidissimo codice di regole e punizioni (il gohatto, appunto) che ne governa internamente la disciplina. Il film è ambientato nel 1865, due anni prima della fine dell’epoca dei samurai e dell’inizio della modernizzazione del Giappone: un mondo in declino, affascinante ma tanto diverso dal nostro da rendere utile una piccola dissertazione storica. Verso la fine dell’era Edo (1603-1867) il Giappone si muove gradualmente indirezione di una guerra civile.
Le opposte fazioni vedono, da una parte, i patrioti favorevoli alla modernizzazione del Paese, dopo duecento anni di isolamento: costoro si battono per il rovesciamento del governo dello Shogunato Tokugawa. Dall’altra, i samurai fedeli agli Shogunati, dei quali ripristinare l’antico potere costituito.
In questo stato di cose, gli Shogun costituiscono la Shinsen-gumi, una truppa di samurai di età compresa fra i dieci e i trent’anni, sprezzanti del pericolo e incaricati di mantenere il controllo militare contro i patrioti di Kyoto, l’allora capitale del Giappone. La vicenda del film (ispirata a un romanzo di Ryotaro Shiba) si pone dunque al centro della breve esistenza della Shinsen-gumi. Il film si conclude sulla splendida immagine di Hijikata (interpretato da Tadeshi Kitano col suo pseudonimo da attore Beat Tadeski) che sfodera la propria spada e abbatte un giovane ciliegio in fiore, prefigurazione della morte di Sozaburo, ma anche di tutto il gruppo dei samurai: lo stesso Hijikata è destinato di lì a poco a cadere in battaglia come molti dei suoi compagni. Un trionfo della morte dunque – profondamente radicata nell’etica dei samurai – che nel mondo poetico di Oshima fa tutt’uno con l’attrazione erotica, tingendosi di quelle coloriture omosessuali storicamente non infrequenti nel chiuso universo maschile di certi gruppi militari d’élite. In questo cupo e morboso scenario di passioni segrete che feriscono come spade, il vecchio Oshima inserisce come contrappunto la risata di un anziano, Genzaburo Inoue, pessimo schermidore ma ottimo  filosofo: l’altra faccia della mentalità orientale, ossia quella della saggezza ilare e distaccata che per nulla si scompone e di nulla si scandalizza.

di Nagisa Oshima
con Beat Tadeski, Shinji Tadeka, Tadanobu Asano, Ryuhei Matsuda, Yoichi Sai.
Distribuzione: B.I.M., durata: 100



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