A.J. Intervista Seishiro Endo

 -Aikido Journal: Come ha cominciato con I’Aikido?”
-Endo: prima di cominciare non sapevo nulla su quest’arte. Era nell’aprile del 1963, poco dopo essere entrato all’università di Gakushin. Stavo girando per il campus quando dei ragazzi più vecchi mi chiese di visitare il club di Aikido dell’ università. Andammo verso il Dojo e finii per cominciare quello stesso giorno.Mi fecero camminare sulle ginocchia (SHIKKO) e mi fecero fare circa 200 piegamenti. Avevo fatto un pò, di Judo nella scuola secondaria, quindi non ero completamente fuori forma, ma non ero di certo preparato per fare 200 piegamenti. Mi ricordo come se fosse ieri il dolore che provavo alle gambe, quando cercavo di fare le scale alla stazione quello stesso giorno, poco dopo l’allenamento.

-AikidoJournal: Era riconosciuto il club d’Aikido dell’università, come club ufficiale di atleti?
-Endo: No, era ancora visto come gruppo a livello amatoriale. L ‘università di Gakushin è una scuola relativamente antica, con un forte senso della tradizione, perciò è sempre stato molto difficile per i club nuovi acquistare un riconoscimento ufficiale. Prima di tutto devono provare la loro serietà e i progetti di longevità. Il club non era neanche riconosciuto come “semi-formale”, fino a 3 anni dopo che divenni il loro quarto capitano e ci vollero altri 10 anni per, diventare un club di atleti ufficiale.

-AikidoJournal: Chi erano gli istruttori a quei tempi?
-Endo: Il primo SHIHAN ad allenarci fu Hiroshi Tada ma partì per l’Italia nel settembre del mio secondo anno di università. Fu sostituito da Mitsunari Kanai,che ci insegnò per un anno ed in seguito abbiamo Y.Kobayashi per sei mesi, più o meno.Subito dopo mi laureai, entrai nell’ Aikikai e fui mandato lì per insegnare.

-AikidoJournal: Se ho ben capito, dopo 4 anni di educazione come studente universitario, lei ha deciso di abbandonare il mondo del lavoro e diventare un professionista nell’ Aikido.
-Endo: Gli studenti universitari giapponesi generalmente cominciano a cercare lavoro a Giugno dell’ ultimo anno del corso di studi (in Giappone l’anno scolastico comincia in Aprile). Entro l’inizio di Luglio la maggior parte delle persone ha già preso una decisione. Quando toccò a me prendere una , non sapevo ancora cosa fare. Mi ricordo il primo giorno in cui arrivai a Tokyo. Sedevo sulla linea di raccordo Yamanote attorno alla città e dal finestrino del treno potevo vedere un insieme di edifici molto alti, mentre stavo passando per le stazioni come Tokyo, Yarakudo e Shimbashi. Mi ricordo che pensavo: “Beh! Spero di lavorare in uno di questi edifici, un giorno..” Ma più praticavo Aikido, più mi affascinava; così quando venne l’ ora di cercare un lavoro, avevo difficoltà a scegliere cosa volevo veramente fare nella vita. Ricevetti una proposta di lavoro informale ma dopo averci pensato su un pò, decisi di continuare con l’ Aikido.

-Aikido Journal: Deve essere stato molto coraggioso per uno studente universitario appena laureato, rinunciare ad una promettente carriera, specie in Giappone.
-Endo: Non bisogna dimenticare che solo dal 1960 l’economia del Giappone ha cominciato a decollare. Mi sono laureato nel mezzo di questo periodo (1967), perciò c’erano moltissime opportunità di lavoro in molte fabbriche, persino per uno come me. Devo confessare che non studiavo molto all’università sebbene durante il periodo passato a studiare per gli esami di ammissione, divenni un’ accanito lettore. Anche quando dovevo entrare in classe,dopo dieci minuti avrei volentieri ricominciato a dormire. Infatti, penso che dormivo per la maggior parte delle lezioni. Il resto del tempo lo trascorrevo a leggere in biblioteca. Nell’ora di pranzo andavo nel bar per mangiare e poi di nuovo in biblioteca. Alle 2:00 fuggivo via per andare all’allenamento delle 3:00 all’ Hombu Dojo, e poi di nuovo al campus per gli allenamenti del club di Aikido.

-Aikido Journal:: Sembrerebbe che lei sia andato molto a scuola ma ho difficoltà a capire se lei sia stato uno studente serio o no (risata)
-Endo: Forse ho passato così tanto tempo a scuola perchè non sapevo dove andare (risata)! Durante il mio primo anno ho deciso che, dovevo andare bene in almeno 8 materie su 14, quindi mi sono sforzato a studiare. Tuttavia avevo solo una A (A è il massimo dei voti) così decisi di smettere questo gioco. Sapevo di aver bisogno di buoni voti, che mi aiutassero a trovare un lavoro successivamente, ma immaginavo che se mi fossi esercitato al massimo con l’ Aikido l’avrei usato per interessare i futuri datori di lavoro. Non era altro che una banale e rassicurante forma di considerare il problema.

-Aikido Journal: Sembra che lei abbia la sua agenda e le sue ambizioni…
-Endo: Le persone spesso mi dicono che sono un sognatore. Mi chiedono perché abbia scelto di fare qualcosa apparentemente così inutile e non collegato a nient’altro, come l’ Aikido, quando avevo progetti per un lavoro rispettabile. Ma ho pensato che lavorare così duramente nell’ Aikido fosse qualcosa di lodevole. Non vedevo motivo per cui non mi potessi supportare, ma mi immaginavo che se anche le cose non fossero andate perfettamente, avrei voluto ancora fare lo sforzo per migliorarmi, anche se poco, cosicché mi buttai anima e corpo negli esercizi. Per incoraggiarmi usavo cantare canzoni sulla giovinezza, sull’individualità e la realizzazione di se stessi. Sa, canzoni come: “I miei vestiti possono essere poveri ma il mio cuore e pieno d’oro” (risata).

-Aikido Journal: Immagino che in 30 anni le cose siano cambiate, mentre molti suoi colleghi universitari vedono ora la sua posizione, con un po’ d’invidia.
-Endo: Può essere. Se avessi lavorato per una di quelle società. che vedevo dal finestrino del treno, sono sicuro che sarei rimasto relegato in qualche angolo oscuro dell’ufficio. Alcuni dei miei compagni di classe, con i quali sono ancora in contatto, mi hanno confidato che mentre la vita lavorativa ha offerto loro buoni guadagni, specie nel periodo di maggior sviluppo economico, sentono che avrebbero fatto meglio ad inseguire qualcosa che gli piaceva veramente.

-Aikido Journal: Lei ha probabilmente almeno 10 volte tanto la libertà che hanno loro!
-Endo:Indubbiamente.

-Aikido Journal:: Quale fu la sua impressione su O SENSEI, quando lo incontrò.
-Endo: Beh, è alquanto difficile da descrivere. Non posso dire che ho avuto una impressione di grande forza o qualcosa del genere. Naturalmente i suoi occhi erano veramente penetranti quando faceva le tecniche, ma in generale mi sembrava un tipo ameno, gentile, amabile, molto paterno. Durante gli esercizi non mi ha mai lanciato lontano o cose del genere.

-Aikido Journal: Era ancora studente quando lo incontrò per la prima volta?
-Endo: Lo vidi per la prima volta durante il mio ultimo anno accademico, che era quando avevo cominciato gli allenamenti nella palestra dell’i Hombu. Non gli parlai fino a Luglio dello stesso anno quando decisi di iscrivermi all’ Aikikai. Mio padre mi accompagnava in palestra per conoscere Kissomaru Sensei, solo per farmi un favore e ho avuto quindi l’opportunità di parlare con O-Sensei per la prima volta. Mi ricordo di una volta in cui O-Sensei stava spiegando qualcosa e mi disse di provare a spingere le sue ginocchia dal posto. Ero stupefatto di quanto fossero morbide (snodate). Ma erano così snodate che avevo difficoltà a spingerle insieme, provavo la sensazione che, se avessi cercato di spingerle più in la, sarei caduto in una specie di vuoto. Questa particolare snodabilità mi colpì molto. Poi ancora, c’era un tempo in cui alcuni non andavano più in palestra e mi trovai da solo a dover fare da uké per O-Sensei, che stava facendo una dimostrazione per alcuni giornalisti. Stava facendo vedere tecniche simili a suwariwaza kokiyuho, ma nel momento in cui feci per spostarmi per prendere le sue braccia, tutto d ‘un colpo sentii come se avessi battuto contro una roccia molto grande e cominciai a volare.

-Aikido Journal: Com’era quando stava cercando di diventare un professionista di Aikido alla palestra di Hombu?
-Endo: Beh non c’è molto da dire veramente (risata) dovevamo esercitarci dalle 6:30 alle 9:00 del mattino ma dopo dovevo fare cose come andare alla spiaggia a Goshima con gli altri studenti che venivano a fare le prove con me. Tornati a casa non c’ erano molti luoghi per noi dove andare a insegnare, così avevamo abbastanza poco tempo per fare questa cosa.

-Aikido Journal::Deve aver avuto dei piacevoli ricordi di quei giorni!
-Endo: Si. era magnifico. Oggigiorno gli stages universitari di Aikido sono di solito limitati a pochi giorni, ma allora duravano spesso un ‘intera settimana. Altrimenti non avremmo avuto altro lavoro da fare. Penso che una volta, c’ era molta più libertà per fare questo tipo di iniziative. Naturalmente facevo la mia parte come se fosse un allenamento serio. Un aspetto importante era pulire la palestra da testa a piedi ogni mattina, dopo aver fatto pratica. Nessuno mi diceva di farlo. sentivo che dovevo farlo. Pulivo le toilettes ogni giorno. tanto che il fondo delle tazze era impeccabile Erano di un bianco scintillante, talmente pulite che praticamente ci potevi mangiare sopra. Ora la palestra sta diventando vecchia, cosi è inevitabile che sia un po’ sporca, ma le toilettes sono qualcosa che tu puoi tenere linde, se sei sufficientemente coscienzioso da pulirle. Mi chiedo se questa cosa non fosse più importate dell’ allenamento sulla materassina. In ogni caso, è stata un’ eccellente esperienza per me. Noi abbiamo l’espressione “accumulare virtù nascoste”, che si riferisce al fatto di migliorare se stessi, intraprendendo compiti che normalmente le persone cercano di evitare. Penso che queste “austerità” siano un aspetto importante del mio allenamento.

-Aikido Journal: Ha detto che lei e un lettore avido. C’e qualche tipo di lavoro che lei considera il suo preferito, o che sente che sia stato di particolare aiuto?
-Endo: Ci sono tanti libri che mi sono piaciuti , che sarebbe veramente difficile nominarne uno. Quando ero più giovane, quando ero ventenne, leggevo molti libri sullo zen, sul buddismo, in particolare la parte che riguardava il RINZAI  Più tardi cominciai a leggere la parte riguardante il SOTO. Attualmente, devo ammettere che mentre le mie letture occupano spazio molto vasto, non posso affermare di essere portato per una materia specifica. “Spazio esteso ma non profondo” come dicevano gli antichi saggi giapponesi. Mi piacciono solo i libri, infatti non mi sento bene, se non ho un libro vicino a me. Porto sempre un libro con me anche se è pesante o se non ho tempo per leggerlo. Adesso sto leggendo qualcosa di Tempu Nakamura.

-Aikido Journal: Quando si e interessato a Tempu Nakamura?
-Endo:Era quando aveva 20 anni? Ho sempre sentito parlare di lui dal mio sempai che era andato a visitare il Tempukai.

-Aikido Journal: Nessuno degli insegnamenti del SHIAN alI’ AIKIKAI l’ha influenzata?
-Endo: Koichi Tohei probabilmente mi ha condizionato molto. Oltre ad essere il più anziano, lui ha una personalità molto forte ed unica, Osawa Sensei è stato un altro. Un momento dopo aver raggiunto l’ AIKIKAI, ha subito cercato di prendermi sotto la sua ala e mi ha parlato dell ‘ Aikido e della vita in generale. Se sono la persona che sono adesso lo devo a Osawa Sensei. Ritornando agli insegnanti della palestra dell’ Hombu erano tutti relativamente giovani e sia gli studenti che gli insegnanti si allenavano in modo molto attivo ed energico, cosicché sarebbe difficile dire quale degli insegnamenti influenzò la mia educazione, più di un altro.

-Aikido Journal:: Com’era I’insegnamento di Tohei Sensei?
-Endo: Pensavo soprattutto che insegnasse le cose in modo molto semplice. Ma, ripensandoci adesso, mi rendo conto che i suoi metodi di insegnamento fossero influenzati da Tempu Nakamura. Era solito dire, per esempio, “Pensa al centro di gravità. della tua mano come se fosse in giù” e cose simili. Cercai di seguire tali consigli come meglio potevo, ma naturalmente non era così facile. Tohei Sensei mi avrebbe corretto all’infinito finché mi avrebbe detto “ah, sei migliorato”. Il problema era che non potevo immaginare cosa fosse cambiato in me per garantire un tale commento. Perché lui mi stava dicendo che stavo migliorando, quando non vedevo nessun miglioramento in me? Questo stava succedendo e alla fine cominciai a divenire un po’ frustrato. Tohei Sensei aveva così tanto da offrire che alle volte mi chiedo se non sarebbe stato meglio, se avesse adottato altri metodi di insegnamento.

-Aikido Journal: Capisco che iI suo Aikido subì un cambiamento quando divenne trentenne.
-Endo: Quando avevo 30 anni mi lussai la spalla destra. Questo evento mi portò ad un cambiamento nei confronti dell’ Aikido. Ero in questa condizione quando Seigo Yamaguchi sensei mi disse: “Sono 10 anni che fai Aikido, ma ora devi solo usare il braccio sinistro. Cosa hai intenzione di fare adesso?” Fino ad allora mi ero allenato molto con Yamaguchi Sensei, ma dopo mi disse che dovevo prendere la decisione di entrare nelle sue classi. Aveva ragione tanto che cominciai a pensare quanta forza potevo avere nelle mie braccia e nel corpo durante l’allenamento. Mi chiesi se fosse veramente possibile continuare a fare Aikìdo in quel modo per il resto della mia vita. Con tutte queste cose che avevo in mente, la domanda di Yamaguchi era solo stata fatta per mandarmi nel livello superiore di allenamento, che dovevo seguire. Ebbi quindi l’opportunità di affrontare l’ Aìkido da una prospettiva diversa. Sono sicuro che ad ognuno è stato detto più di una volta di non fare uso della forza delle spalle. Anche Yamaguchi Sensei parlava di questo. Cioè di fare Aikido senza fare affidamento sulla forza. E’ molto più facile dirlo che farlo, naturalmente. Quando cerchi di non tirare fuori la forza dalle spalle, succede spesso che il tuo KI se ne vada con essa! Lo si deve aspettare. Si può fare un’ analogia con un’ attività Come imparare a sciare. Seguendo e facendo del proprio meglio per imitare un bravo maestro, puoi migliorare rapidamente e cominciare a scendere armoniosamente dai pendii. Ma le cose precipitano quando cerchi di sciare da solo, senza nessun maestro che ti guidi. Ho provato qualcosa di simile cercando di liberare il mio Aikido dalla fiducia che riponevo sulla forza. Potevo farlo quando Yamaguchi Sensei era vicino a me ma nel momento in cui andavo da qualche altra parte mi trovavo inevitabilmente incapace di farlo. Era veramente frustrante. Ho combattuto con questo problema per quasi un anno e mezzo. Penso che fosse Shinran (1173..1263, fondatore della setta Yodashin del vero buddismo) a dire: “anche se quello che fa il mio maestro Honem sembra sbagliato, anche se sembra che io stia prendendo la strada sbagliata, ho assolutamente fiducia in cosa sto facendo e quindi seguo la strada del mio maestro, anche se mi conduce all’inferno”. Ho pensato: “Beh! Perchè no? Se devo essere ingannato da Yamaguchi Sensei allora lasciamo che sia”. D’altro canto Yamaguchi Sensei stesso mì ha detto la stessa cosa qualcosa del tipo: “anche se non capisci, prendi le mie parole per quello che sono e fai cosa ti dico. Dedicagli dieci anni e più. ..” ..Quindi ecco perché l’ho fatto. Piuttosto che fare a meno della forza e poi usarla solo se le tecniche non mi riuscivano, arrivai alla soluzione dì non usare per niente la forza non importava quali conseguenze ci sarebbero state. Eppure sebbene mi fossi deciso, le condizioni dell ‘ allenamento non cambiarono. Non ci misi molto a capire che i miei compagni d’ allenamento non erano molto contenti di cadere per me, quando cercavo di gettarli senza usare la forza. Non avevo alternativa, dovevo dirglielo: “Guardate non posso veramente fare bene queste tecniche ora, ma posso chiedervi lo stesso di cadere per me?”. Era una cosa molto atipica da chiedere per un quarto Dan. Le persone erano un po’ sorprese.
Comunque questo fu come cominciai il mio “scioccante” approccio all’allenamento. Feci molta attenzione a non frustrarmi o irritarmi perché sapevo che facendo così sarei ritornato all’uso della forza. Quando facevo la caduta alI’indietro Yamaguchi Sensei, mi mormorò cose come :” Più lasci da parte la forza, più il tuo KI si concentrerà” e poi ancora :” Cerca di concentrare la tua forza nella parte più bassa dell’addome”. Cercavo di rimanere consapevole di cosa stava accadendo, quando cercavo di cadere all’indietro, non importava cosa mi stava accadendo, e dopo pochi anni cominciai a capire di cosa parlava Yamaguchi Sensei. Sapevo che avevo trovato un nuovo approccio con l’ allenamento e che avrebbe funzionato. Da allora lavorai, per intensificare quella sensazione, lavorando solo con una tecnica per un certo periodo di tempo. Per esempio, non avrei fatto altro che shomenuchi ikkyo per metà anno, non importava, allora, il rapporto con il partner, il quale,certamente impedirà di fare la tecnica che si voleva esercitate. Una volta fatta la prima mossa (deai), spostato il corpo in modo appropriato (taisbaki) e sbilanciato il partner (kuzushi), e necessario capire quale tecnica verrà utilizzata naturalmente. O’Sensei diceva di diventare un “unicum” con il cosmo” oppure di essere “in unione con la natura”. Abbiamo imparato I’ Aikido, studiando le tecniche una per una, praticando ripetutamente qualsiasi cosa l’ insegnante ci facesse vedere, ciò significa che dobbiamo fare quella tecnica in particolare, non importa quale, anche se comporta molto sforzo, in altre parole, anche se comporta movimenti che non sono del tutto spontanei. E’ importante mettersi alla prova e riconoscere lo sforzo al quale si é sottoposti. Bisogna essere sufficientemente percettivi ed obiettivi per dire a se stessi, per esempio “La mia ultima tecnica e stata buona ma l’incontro tra il mio partner e me non può funzionare”. E’ importante mettersi sempre alla prova per accertarsi di mantenere una consapevolezza dei movimenti, se sono veramente naturali o meno. Fu solo dopo che cominciai ad allenarmi, senza usare la forza, che fui capace di cambiare istantaneamente qualsiasi tecnica stessi facendo con altre tecniche. Aveva senso: “meno sforzo eccessivo era richiesto e più facile era cambiare tecnica”. Mentre stavo lavorando su questo concetto, mi ricordai di quando O’Sensei spesso mi diceva: “Quando è come questo, fai questo; quando è come quello fai quell’altra cosa”, ma non fare mai la stessa cosa due volte. “Ah! Credo di sapere ora cosa volesse dire!”. Con quel tipo di approccio, non finisci mai di usare troppo sforzo, perché una cosa cambia sempre certamente in un’altra, quando è necessario. Immagina un fiume con dei sassi dentro. Quando l’acqua incontra dei piccoli sassi scorre via. Quando incontra dei sassi più grossi, ci scorre attorno. Anche se si argina il fiume, l’ acqua non finisce di scorrere; l’ energia potenziale é ancora li che turbina e si alza intorno allo sbarramento, cercando di irrompere o di traboccare oltre l’estremità.L’ Aikido è la stessa cosa. Non é più un sentiero “vivente”, se ti limiti a fare un incontro con una tecnica particolare .L’importante è essere capaci di cambiare e muoversi verso qualcos’altro nell’istante in cui le condizioni cambiano e quando ciò che stai facendo cessa di avere l’effetto desiderato. Non si tratta solo di buttarsi in qualcosa di diverso quando ti trovi bloccato;è anche necessario investigare su come “immagazzinare energia” .Allo stesso modo tutti noi abbiamo delle possibilità di cui non siamo certo consapevoli e perciò dobbiamo pensare su come sprigionare, ampliare ed applicare quest’energia latente. In TORA NO MAKI (un libro) si dice che un lavoro deve contenere i segreti essenziali delle arti marziali e viene detto: “ciò che viene é qualcosa già incontrato; ciò che va è mandato sulla sua strada; ciò che è in opposizione è armonizzato. 5 e 5 fanno 10; 2 e 8 fanno 10; 1 e 9 fanno 10. In questo modo le cose potrebbero essere armonizzate. Distinguere I’ apprendimento e la realtà, scoprendo sia il buon intento sia le strategie nascoste; venire a conoscenza di potenziali sconosciuti e implicazioni nascoste. Bisogna capire che tutto ciò fa parte del grande schema e bisogna considerare i dettagli e i particolari come cose necessarie. Quando una situazione della vita e della morte sono prossime, bisogna rispondere alla quantità di cambiamenti che hanno luogo e bisogna affrontare le situazioni con la mente libera da ogni agitazione. Questo breve passaggio mi ha “fornito cibo per i miei pensieri”.

-Aikido Journal: Queste parole si possono probabilmente applicare non solo all’allenamento d’ Aikido, ma anche ad altri aspetti della vita in genere.
-Endo:: Certamente. Impariamo tante cose con l’ allenamento di Aikido, ma parlando realisticamente molti di noi passano più tempo fuori dal dojo che dentro, così che non sembrerebbe strano che ciò che impariamo nel dojo non si possa estendere ad altri aspetti della vita. Non è del tutto appropriato parlare di vincere e perdere quando si parla di Aikido, ma il miglior modo per vincere, penso che sia quando si ha acquisito armonia con il proprio avversario e sia tu sia che il tuo avversario avete sentito quell ‘ armonia. Secondo il mio punto di vista, la migliore tecnica è quella in cui nessuno  sperimenta sentimenti di vittoria o sconfitta ma piuttosto è felice di essersi incontrato con successo. Una tale cosa esiste, anche se succede una volta su un milione. Il nostro scopo nell’allenamento è quello di fare in modo che capiti una volta su mezzo milione, una volta su cento e così via. Se una persona ha fede che quella volta accadrà o meno, dipende da quanto seriamente le persone affrontano l’allenamento. Personalmente do molta importanza a tutto ciò.

-Aikido Journal: Il praticante che ha una consapevolezza diligente di se, realizzerà quando questa situazione si sta realizzando….
Endo: Esattamente. Con questo tipo di consapevolezza si può analizzare se stessi e sentire il rapporto con il proprio partner. Quando una tecnica data da fare risulta perfetta, è perfetta solo in quel momento; quando il rapporto tra te e il tuo partner é incrinato, non tornerà più perfetto. Quando ciò accade, non avresti potuto evitarlo; piuttosto bisogna saper accettare l’imperfezione e considerare come si potrebbe cambiare ciò che è successo tra te e il tuo partner. In altre parole bisognerebbe pensare a come ottenere il meglio dal rapporto, con l’altro.

-Aikido Journal: Crede che il KI NO NAGARE sia un importante elemento per l’ Aikido?
-Endo: Se intende dire fare delle tecniche prima di essere afferrato oppure lanciare il  mio avversario senza fare le tecniche, allora no, questo non fa parte del mio Aikido. Quando dico di lasciare da parte la forza e la potenza, non voglio solo dire adoperare una tecnica facilmente, quando il mio partner sta per afferrarmi. Quello di cui sto parlando non é solo qualcosa di fisico; ha tanto a che vedere con la mente e lo spirito (kokoro) quanto con il corpo. I movimenti morbidi non saranno efficaci in risposta ad un attacco forte, se la mente non e ben concentrata o se non la si può usare effettivamente. Per esempio, durante la pratica spesso dico che se il partner viene a prenderti bruscamente la prima cosa da fare e decidere se mettere il tuo essere dentro la presa o meno. Più la presa e forte più entri dentro di essa. Non é giusto cercare di fare la tecnica con le dita o il polso o la mano. Devi portare il centro del tuo partner al tuo stesso centro, un tipo di interazione che ti lascia sentire l’ orientamento del potere del tuo partner e della sua energia. Uno studente europeo di Aikido una volta mi disse: “Tutti gli shihan hanno sempre detto di non usare la forza, ma allora finivano sempre per usare molta forza nelle loro tecniche. Tu sei l’unico che faccia le tecniche senza usare nessun tipo di forza tangibile”. Ero molto lusingato nel sentire parole come queste, perché era la conferma che il mio approccio verso l’ Aikido non era sbagliato.

-Aikido Journal: Cosa pensa dell’allenamento con la spada?
-Endo: Beh, di recente penso che può essere necessario fare pratica almeno con il suburi. parlando per me stesso, c’ é ancora molto che non capisco del TAIJUTSU (tecnica a mani vuote ). Devo ancora lavorare così tanto per migliorare il mio taijutsu, che non mi sento ancora pronto a lavorare con la spada. Preferirei aspettare di diventare un po’ più vecchio e fare qualcosa di vicino ad una “‘danza divertente” con il jo e il ken, quelle cose che O-Sensei ha fatto in questi ultimi anni. Questo è il punto da cui parto per pensare su cosa fare quando il mio partner mi butta a terra o cosa vuol dire affrontarlo senza usare le armi.

-Aikido Journal: Quando ha cominciato a viaggiare all’estero?
-Endo: Il mio primo viaggio fu quando accompagnai il Doshu a visitare il sud-est dell’ Asia .Dovevo avere 29 o 30 anni. Prima cominciai coll’ andare in Francia, 15 o 16 anni fa, e poi andai in Finlandia, Svezia circa 11 anni or sono. Tempo addietro un praticante europeo, in una delle mie classi all’Hombu dojo, prese questo per il mio modo di allenamento, trovandolo apparentemente insolito. Voleva invitarmi ad insegnare ma sentiva di essere in imbarazzo, poiché stava facendo allenamento nel suo stesso paese con un altro insegnante. Dopo averci pensato più o meno per un anno, decise che non avrebbe fatto nulla di male nel chiedermelo. Ora sempre più persone vengono, ogni volta che faccio un seminario qui. Hanno persino raccolto i soldi per costruire un proprio dojo ed io ricevo direttamente degli inviti da loro; Viaggiare all’ estero non è sempre facile, naturalmente. Per esempio la lingua é sempre una grande sfida. Cercare dì comunicare in inglese è sempre una difficile prova per me.. Una volta durante un viaggio mi trovai bombardato di domande, e quando andai a letto non sapevo dire se ero sveglio o addormentato, poiché continuavo a pensare in inglese nella mia testa (risata!). Lo so che devo imparare a parlare di più l’inglese, così ho cominciato a studiarlo poco alla volta. Mi piace andare all’estero e se posso migliorare anche solo un po’ l’inglese, mi piacerebbe andarci più spesso.

-Aikido Journal: Quando é all’estero non le é mai capitato di trovare delle persone che volessero “fare delle piccole prove” di Aikido con lei?
-Endo: Queste cose succedono non solo all’estero, ma anche in Giappone. Lascio sempre che le persone che vogliono fare delle prove con me mi afferrino, prima che io faccia qualcosa. Le mie braccia non sono così grandi, non sono particolarmente forti, e la mia tecnica non ha bisogno di potenza, in apparenza, così molte persone pensano che non sarei in grado di reagire, se mi afferrassero in modo più violento. Sono spesso molto sorpresi, quando scoprono che è il contrario. Noi abbiamo l’opportunità di studiare molte tecniche differenti durante l’allenamento, ma sento che probabilmente non é necessario impararne così tante. Infatti posso persino dire che le tecniche provate al quinto livello di Kyu (sho menuchi ikkio, sho menuchi irirninage, katate dori shihonage e suwariwaza kokiuho) possono probabilmente insegnarti tutto ciò che hai bisogno di sapere sul DEHAI, MAAI, SABAKI, Kuzushi e il modo in cui usi il corpo e la mente. Molte persone non sono soddisfatte se non imparano molte tecniche ma di fatto ciò che é insegnato può facilmente rimanere solo se é stato insegnato a te e a nessun altro. Non é qualcosa di tuo fino a quando non sei in grado di interiorizzarlo con i tuoi stessi sforzi.

-Aikido Journal: Come paragonerebbe l’allenamento in Giappone e all’estero?
-Endo: Odio dirlo, ma sento che i praticanti di Aikido Giapponesi non sono tanto bravi quanto gli altri, poiché sono troppo rigidi. La mancanza di pratica potrebbe essere parte del problema, ma i giapponesi hanno poco tempo per rilassarsi nel dojo. Le persone all’estero tendono ad essere più calme, più aperte. Penso che sia molto importante mantenere una qualità calma e rilassata durante la pratica. Non penso che ciò distragga dal rigore marziale dell’ arte in alcun modo se lo si pratica con intenti seri. C’è una storia famosa sul terzo Tokugawa Shogun, IEMITSU(1604-1651 che governò dal 1623 al 1651). Sembra che avesse ricevuto una tigre come regalo da Chosen (Korea). Provò a mettere una varietà di animali diversi nella gabbia della tigre, curioso di vedere cosa sarebbe accaduto. Non accadde nulla di eccezionale, per cui decise di mandare dentro Yagyu Tajima no Kami, uno spadaccino, che era anche l’istruttore dell’arte di maneggiare la spada di Iemitsu. Yagyu entrò armato solo con un Bokuto (una spada di legno), che cercò di mantenere fino alla fine ed uscì dalla gabbia esausto e in un bagno di sudore. Successivamente Iemitsu decise di mandare il monaco Takuan. I due (Iemitsu e il monaco) avevano avuto delle divergenze e Iemitsu era intenzionato a punirlo. Quando il monaco entrò nella gabbia, comunque, la tigre gli si accostò con esitazione e si rotolò ai suoi piedi! Questa storia e un buon esempio di come mantenere sempre una calma ordinaria. Non importa se il tuo nemico è una tigre o una persona, se la prendi con intento pacifico, e ovvio che subito vorrà attaccarti ma se non nutri le sue intenzioni (lasciandoti, quindi, pervadere da una calma normale e ordinaria), allora raggiungi uno stato, di tranquillità. Se l’allenamento di Aikido non fosse altro che la pratica della pura forma, (KATA), allora avresti solo da cadere per te ma i Kata di Aikido raramente sono senza imperfezioni. Proviamo ad eseguire alcune tecniche particolari, puoi trovarti a fare uno sforzo eccessivo quando ti trovi in questa situazione, è un’ occasione per fermarti e cercare di capire cos’ è che non va. E’ un problema con il modo in cui stai facendo il primo incontro con il tuo partner? Stai sbilanciando il compagno correttamente? Hai la distanza giusta (MAAI)? Stai respirando (Kokyu) effettivamente? C’e un problema di metodo? Uno degli scopi più importanti dell’ allenamento è capire quello che stai sbagliando ed escogitare il modo di fare ciò che non stavi facendo prima. Il primo passo, naturalmente é essere in grado di realizzare (o sentire dovrei dire) quando incontri un tal limite. Se non sei capace di riconoscere, quando qualcosa implica uno sforzo eccessivo ( cioè se sei talmente attaccato a qualcosa che non puoi fare nient’altro), significa avere una mentalità statica, che non differisce molto dall’aspettare la propria morte. Non c’é progresso né evoluzione. Parlo dell’importanza dei vari concetti come mutabilità (henka), movimento (nagare ), evitare eccessivo sforzo, ma tutto ciò ha a che fare con qualcosa di più profondo, che è espresso in un detto che deriva dalla scuola dell’arte della spada di Jigen-Ryu: “Non c’e una scuola di spada a Jigen-Ryu”. Se la mia interpretazione è corretta, penso che ciò rifletta quello che considero l’essenza dell’ ultimo scopo del mio allenamento, che potrebbe essere riassunto in: “c’e solo spostamento in avanti”.

-Aikido Journal:Quali speranze ha, per il futuro?
-Endo: Beh! Sembra che oggigiorno solo pochi dojo in Giappone abbiano le caratteristiche del termine dojo. Alcuni sono già degli spazi affittati in grandi palestre o centri di cultura, Sfortunatamente tali posti, raramente conducono a sviluppare un vero rapporto tra studenti ed insegnanti. E’ stata una grande fortuna per me potermi allenare con persone così diverse sia in Giappone sia all’estero, e parlando con loro a proposito di O’ Sensei e dell’ Aikido, mi sono reso conto della mia relativa immaturità verso l’ arte. Ecco perché per molto tempo ho sperato di avere un gruppetto che facesse allenamento ponderato e disciplinato. Questo aprile, grazie all’ aiuto del Doshu e molti altri, ho potuto aprire una palestra per conto mio. sono immensamente grato al Doshu per avermi permesso di perseguire il mio Aikido per questi 30 anni e desidero ardentemente fare del mio nuovo dojo un posto dove le persone che vogliono veramente seguire l’ Aikido con convinzione, possono liberamente riunirsi per praticarlo.

-Aikido Journal: Endo Sensei, grazie molte per avere condiviso i suoi pensieri e le sue esperienze con noi.



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