Iaido

I viene da IRU: ovvero esistere, AI da AWASERU: fondersi. IAI significa dunque unirsi nel duello con l’avversario, nella comunione indissolubile con l’arma: la spada. IAIDO: la via dell’unione, ma una seconda ipotesi dice che Iai significa “scontro da seduti” (I=seduto, AI=scontro), ma ciò non significa che le figurazioni venute a moltiplicarsi nel tempo vengano effettuate dalla posizione accovacciata; molte infatti si eseguono stando in piedi. Si hanno testimonianze antiche delle tecniche di estrazione della lama, note come TACHI KAKI,in quel tempo lunga e dritta (TACHI). Col tempo la spada si accorcia ed incurva in modo da essere maneggiata più facilmente.

La si porta infilata nella cintura (OBI) con il filo verso l’alto; queste caratteristiche rendono possibile una nuova maniera di sguainarla, effettuando il primo attacco con intendimento di uccidere l’avversario prima che possa mettersi in guardia.Viene in tal modo modificato il combattimento che si era svolto sino ad allora fra contendenti in guardia con le spade già sguainate.

Alla fine del XIII secolo, nel periodo Kamakura, per la prima volta si parla di Iai Jitsu, alla pratica del quale i samurai dedicano buona parte del loro tempo; sguainare e rinfoderare la spada centinaia di volte ed eseguire migliaia di tecniche è ritenuto l’allenamento minimo per mantenersi in forma. Ogni famiglia crea una propria scuola codificando le tecniche di kata gelosamente custodite e tramandate di padre in figlio, da maestro ad allievo. Queste tecniche non potevano essere usate in battaglia, ma piuttosto si adattavano alla vita di tutti i giorni. Poteva capitare ( e non era certo difficile a quei tempi!) di essere assaliti mentre si mangiava, conversava, meditava o camminava tranquillamente per strada.In questi casi era senz’altro più utile la conoscenza dello IAI che non quella del Ken Jutsu (scherma giapponese), dato che gli scontri si risolvevano in pochi istanti e l’aggredito non aveva il tempo di mettersi in guardia. Da qui lo studio approfondito che tutti gli spadaccini del medioevo giapponese facevano dello IAI come tecnica di difesa nella vita di tutti i giorni. Uno dei primi osservatori occidentali del Giappone feudale, Alessandro Valignano (1539-1606), si meravigliò della rapidità con cui uno spadaccino poteva uccidere il suo avversario “al primo o al secondo colpo di spada”.Il principio fondamentale dello IAI è il ” SAYA NO UCHI”, cioè vincere senza sfoderare, dimostrare cioè una tale superiorità nei confronti dell’avversario da indurlo ad abbandonare la contesa ancora prima di averla iniziata. Se l’avversario decide invece di attaccare, allora bisogna anticiparlo e colpirlo prima che possa portare a termine la sua azione; lo spirito di chi viene attaccato deve essere pronto a colpire prima del nemico. Bisogna intuire l’azione dell’avversario prima che possa agire, bisogna capire che l’avversario ha deciso di attaccare, in giapponese si dice “SAKKI” e corrisponde ad una iniziativa non necessariamente visiva. Il samurai che aveva sviluppato il suo SAKKI non si faceva cogliere di sorpresa né alle spalle né al buio; egli  “sentiva” il nemico e la sua volontà di uccidere, e quindi lo colpiva prima.

L’attaccare un avversario che non aveva ancora sguainato la spada si presta anche ad abusi: i molti contadini (KEIMIN) uccisi per semplice esercizio o per provare il filo della lama sono la prova del cosiddetto “fendente del crocevia”. Ma il samurai sapeva che questo particolare uso della spada, contro un’ avversario che non aveva ancora estratto la sua arma, era assolutamente lecito, perché egli doveva essere pronto a fronteggiare il pericolo, sia reale che potenziale, in qualsiasi momento, specie nel Giappone medievale, dominato dai combattenti di professione. Se vogliamo prestare fede alla leggenda, lo IAI venne inventato da un giovane guerriero che per vendicare la morte del padrone ucciso da un samurai considerato imbattibile nel Ken Jutsu. Il giovane, dopo essersi duramente allenato, provocò l’assassino di suo padre e, mentre questi estraeva la spada per reagire, lo uccise con un unico colpo sguainando la spada più rapidamente. Tralasciando la leggenda, il fondatore storico dello IAI è considerato HAYASHIZAKI JINSUKE SHIGENOBU (1546-1621) ed i suoi migliori allievi a loro volta svilupparono la loro scuola.

All’inizio del XVII° secolo, epoca Tokugawa, il Giappone entra in un periodo di pace; il Bu Jutsu,ovvero l’insieme delle arti militari coltivate dal guerriero (BUSHI), si trasforma in Bu Do, nella cui visione le arti marziali vengono praticate come vie spirituali (Do), fortemente caratterizzate dallo Zen di cui sono manifestazioni. Anche lo Iai Jutsu si trasformò in Iai Do; si può dire che da un tipo di allenamento rivolto verso l’esterno (Jutsu), si passa ad un allenamento volto a migliorare se stessi, cioè rivolto verso l’interno (Do). Questo passaggio, avvenuto molto gradualmente, si può dire che iniziò verso il 1600; a man mano che questa trasformazione avveniva, la tensione si concentrava sempre più sui kata (forme) trascurando altir tipi di allenamento oggi praticamente scomparsi (allenamento bendati, al buio, in ambienti ristretti, su bersagli fissi o mobili). Anche i kata subirono sensibili cambiamenti, curando più l’eleganza e l’ampieza dei movimenti, che la rapidità e decisione caratteristiche delle antiche forme, a volte un po’ rozze. Delle centinaia di scuole di IAI esistenti al’inizio dell’epoca Tokugawa, circa 25 sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Il maestro NAKAYAMA HAKUDO (1869-1958), sedicesimo caposcuola dopo il fondatore HAYASHIZAKI JINSUKE SHIGENOBU, ha senz’altro un ruolo di rilievo nella storia dello IAIDO quale fondatore della scuola MUSO SHINDEN RYU, dove raccolse il meglio degli stili più antichi da lui studiati. Risultando impossibile lo studio di tutti questi stili (RYU HA), una commissione di maestri della sezione IAIDO della Japan Kendo Federation, ha codificato nel maggio del 1968 le tecniche di base delle varie scuole in una serie di 7 kata che contengono appunto i fondamentali dello IAIDO; questo è il SETEI GATA. Nel 1997 una nuova commissione analizzò le tecniche di SETEI GATA, aggiungendo tre kata per un totale di 10; nel 1980 si sviluppò la ZEN NIHON IAIDO RENMEI in parallelo alla Federazione Giapponese di Kendo.



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