Yukio Mishima
“Hana wa sakura-gi, hito wa bushi”
Il fiore per eccellenza è il ciliegio,
l’uomo per eccellenza è il guerriero.
Un proverbio giapponese ammonisce che “Il valore della vita, nei confronti del proprio dovere, ha il peso di una piuma”.
Esso è estrapolato dal “Mutsuwaki”, una cronaca di guerra di un autore sconosciuto (1051-1062) che così recita:
“Adesso abbandono la mia vita, per la salvezza del mio Signore.
La mia vita è leggera come la piuma di una gru. Preferisco morire affrontando il nemico, piuttosto di vivere voltandogli le spalle”.
Pilota Kamikaze sull’attenti
L’ultimo dei Samurai, Yukio MISHIMA, grande ammiratore dei piloti Kamikaze.
Il Corpo dei Kamikaze ha rappresentato fino al giorno d’oggi un fulgido esempio di sprezzo della morte, l’incarnazione di tutti i più alti valori morali dei Samurai, soprattutto per la Destra giapponese quella che fomentava ed auspicava un ritorno alle tradizioni del paese, sempre più imbarbarito dalla occidentalizzazione. Nel 1938 venne decretata la legge per la mobilitazione nazionale e due anni dopo, il 27 Settembre, fu concluso tra il Giappone, la Germania e l’Italia il Patto Militare tripartito detto “Ro.Ber.to.” (Roma-Berlino-Tokyo). Tutte le fazioni di destra si erano unite ed il paese si trovò come d’incanto avvolto in fermenti nazionalistici, nel culto del Divino Imperatore, nell’ultrapatriottismo e nel militarismo. Non soltanto il popolo giapponese, con la sua educazione confuciana ed il suo culto di antica data per qualsivoglia modello di guerriero, non tentò nessuna seria resistenza al nuovo sistema, ma si mostrò anch’esso completamente ebbro, per così dire, di questa sorta d’ideologico sake vecchio e tuttavia nuovo. Le organizzazioni politiche di destra hanno usato, fin dai tempi bellici, i piloti Kamikaze come simbolo di un Giappone militaristico, colonialista ed estremamente nazionalistico, ultra-nazionalistico, ed è forse anche per tale ragione, che la maggior parte dei giapponesi di oggi , vedono il soggetto con ignoranza e come un falso stereotipo, commentandolo in genere con toni negativi e di scarsa simpatia.
Innanzitutto, il fascismo giapponese non è per niente eguale al fascismo italiano (1922-1944) o al nazismo (1933-1945) tedesco, ma è soltanto simile, in quanto assolutamente peculiare per via del differente “modus cogitandi” nipponico. Per designare questo periodo impregnato di totalitarismo si preferisce infatti generalmente usare i termini “Nihon-shugi”(Giapponismo, termine molto vago utilizzato da forti nazionalisti per enfatizzare l’unicità e superiorità di tutto che è politica, cultura e società giapponese) e “Tenno-Sei”(Sistema Imperiale. Damolti storici giapponesi definito “Fascismo Tenno-sei” ovvero “fascismo militarista”) . Inoltre , come disse lo studioso italiano F. MAZZEI: “la nascita del fascismo giapponese appare un fatto più naturale o per meglio dire “meno patologico” che non in Italia e in Germania”. Altra differenza. Salvo rare eccezioni, come quella offertaci da Gobbels, Dottore in Filosofia presso l’Università di Heidelberg, i Dirigenti delle “S.S.” o della “Gestapo” non vantavano che al massimo una istruzione medio-superiore, ove i colleghi nipponici avevano tutti una istruzione formale “top” conseguita in università imperiali e/o Accademie Militari Imperiali. Inoltre, se i Leaders nazisti erano dati da una collezione di “freaks”, ivi compresi drogati, alcolizzati e sessualmente pervertiti (Hermann GOERING, Heinrich HIMMLER, Robert LEY) i capi giapponesi erano “drogati” unicamente di devozione al Loro Imperatore/Dio. Per i piloti Kamikaze si addice perfettamente il motto inscritto sulla lapide lasciata in ricorso della famosa (e per Noi italiani sfortunata) battaglia africana di El Alamein (Egitto): “Mancò la fortuna, non il valore” ma questo non conta che in positivo considerato il culto per la bellezza della sconfitta. La morte dell’Imperatore Tai-Sho (l’Imperatore Yoshihito, regnante dal 1912 al 1926) può essere il momento in cui il Giappone ha incominciato a diventare lo stato fascista che era durante la guerra del Pacifico. Anche se l’Esercito Imperiale era attivo fin dal periodo di Meiji (1867-1912), in guerre come la cino-giapponese (1894-1895) e la russa-giapponese (1904-1905), esso divenne estremamente attivo quando il Principe della Corona HIROHITO divenne l’Imperatore SHOWA. Già dalla primavera del 1931, gli estremisti in divisa strombazzavano: “Le ossa dei Nostri soldati delle guerre sino-nipponica e russo-nipponica, giacciono in Manciuria ed in Mongolia, terre vitali per il Giappone!”. I colpi di stato divennero frequenti e molte figure politiche di spicco vennero assassinate. Durante il Regno dell’Imperatore SHOWA, l’Esercito divenne la vera autorità. Secondo le testimonianze di coloro i quali hanno vissuto durante il primo periodo di Showa (1926-1945), la presenza dell’Imperatore era come quella di un Dio e la Sua fu una figura più religiosa che politica. In molte poesie “Haiku” scritte dai piloti Kamikaze, l’Imperatore è nominato alla prima riga. Fra i maggiori ammiratori dell’epopea dei Samurai e degli ideali successori di questi, i piloti Kamikaze, abbiamo il romanziere di fama internazionale Yukio MISHIMA.
Bushido in Giapponese
I princìpi del Bushido (Bushi-Do. Letteralmente “La Via del Guerriero”. E’ il Codice d’Onore dei Samurai e dei guerrieri giapponesi in genere, redatto da NITOBE INAZO , per la prima volta tradotto integralmente in lingua italiana da B. BALBI nel 1940, concernente l’orgoglio dell’agire rettamente e nobilmente. Tratta di una deontologia marziale fondata sulla morte), sono schematizzati nel libro “Hagakure”.
Immediatamente dopo la fine del conflitto mondiale, questo libro cessò d’essere un “best-seller”.
E’ nel 1967 che lo scrittore fascista MISHIMA gli accordò nuovamente tutta la propria attenzione nell’opera intitolata “Il Giappone moderno e l’Etica del Samurai, la Via dell’Hagakure”.
Negli anni ’60 MISHIMA divenne un attivissimo partigiano del potere Imperiale anteriore al periodo agosto 1945.
Fervente adoratore della tradizione, con l’ardente desiderio di un Impero purificato dalle nefaste e nefande influenze occidentali, ha venerato la figura dell’Imperatore HIROHITO come quella di un padre ed avendo fatto Hara-Kiri nel 1970, in nome dell’Imperatore ed in difesa delle auguste tradizioni nipponiche, si è trovato ad essere a Sua volta venerato dai tradizionalisti, come un “degno figlio del degno Giappone”.
Il Dott. Yukio MISHIMA J.D. si chiamava in realtà Hiraoka KIMITAKE. Analizziamo il Suo pseudonimo. Yukio, il nome, è composto da tre ideogrammi :
“Yu” che significa “alzarsi, levarsi, sorgere”, “ki” che significa “razionalmente, felicemente”, ed “o” che è la desinenza maschile.
MISHIMA, il cognome, significa “le quattro isole” (Kyushu, Hokkaido, Honshu, Shikoku), ovvero il Giappone. Yukio MISHIMA significa quindi “l’uomo del Giappone sorto in felicità”. MISHIMA ricevette questo pseudonimo dai Suoi Professori, che vollero pubblicarGli il romanzo “Hanazakari no mori” (Foresta in fiore , 1941) senza urtare i progetti dell’influente padre.
Questo genio, come i Suoi colleghi, si consumò e morì presto, nel pieno vigore giovanile, gabbando in un certo senso il destino che vuole anche i vigorosi, virili guerrieri, destinati alla decadenza della senilità. MISHIMA seguì l’antico detto di Zarathustra/Zoroastro e cioè : “Muori in tempo”.
Nacque mercoledì 14 gennaio 1925 a Tokyo da una nobile famiglia che vantava fra i Suoi avi appartenenti alle due nobiltà, feudale guerriera (Buke) e di corte (Kuge).
Tra l’altro Suo nonno era stato Governatore dell’Hokkaido, Suo padre Direttore Generale di un Ministero, Suo fratello fa tuttora parte del Gabinetto del Primo Ministro. Dopo aver studiato alle scuole per nobili (“Gakushuin”/Peer School, la “Scuola dei Pari”), coronò i Suoi studi con una Laurea in Legge conseguita all’Istituto di Scienze Giuridiche Germaniche dell’Università di Tokyo.
Capito che ebbe il Suo vero talento (lavorò per sei mesi presso il Ministero delle Finanze), si dedicò completamente e con successo alla scrittura.
Nel 1954 divenne uno dei maggiori scrittori del Giappone e quattro anni dopo ricevette il prestigioso premio letterario “Yomiuri”. Piccola parentesi esoterica : tale carriera folgorante è normale per le scienze astrologiche. Infatti, essendo nato MISHIMA di mercoledì, si trovava sotto gli influssi di Mercurio (Hermes/Ermete), protettore della sapienza, messaggero degli dei, mediatore fra questi e gli uomini, etc. Frutto dei Suoi influssi sono l’originalità, la genialità, la mentalità scientifica, la logica, la poliedricità, l’arte oratoria, la lealtà d’animo, le doti artistiche e, “dulcis in fundo” la letteratura. Nel 1959 sposò la figlia di un pittore e l’anno dopo divenne padre.
Nel 1965 realizzò ed interpretò un cortometraggio (dal titolo “Riti d’amore e di morte”, premiato al Festival di Tour, nel gennaio del 1966) sul tema del Suo racconto “Yukoku” (letteralmente “Deplorevole paese”, cioè il paese che ha abbandonato la tradizione dell’onore militare), da noi tradotto come “Patriottismo”, scritto nell’estate del 1960 (in inglese porta il titolo “Death in the middle summer”), ove è descritto minuziosamente il Seppuku del Tenente AOSHIMA alla fine dell’ammutinamento dei giovani ufficiali nel febbraio del 1936.
Nella primavera del 1967, a 42 anni, ottenne il permesso speciale di divenire Allievo Ufficiale (questo perché in Giappone non esiste un servizio militare obbligatorio). Circa un anno dopo, fu promosso comandante di plotone. Nell’autunno dello stesso anno, battezzò la sua associazione paramilitare “Società degli Scudi” (Tate no Kai).
Questo gruppo militarista di destra era formato, MISHIMA a parte, che rappresentava il Fondatore, guida carismatica, spirituale e temporale, 95 iscritti, reclutati singolarmente da MISHIMA fra studenti universitari con servizio militare di leva già prestato e particolarmente esperti nel Bu-Jitsu e cioè nelle tanto famose arti marziali nipponiche.
Lo scrittore, dapprima gracilissimo poi culturista, Maestro di Karate-Do ed anche cintura nera 5° Dan di Ken-Do nel 1968, considerava la “Tate no Kai” come “il più piccolo esercito spirituale del mondo, composto da giovani che non posseggono altro che muscoli temprati”, in pratica come un esercito “ad personam”.
Scopo di questo sodalizio, composto di ragazzi sui 20 anni (un pò la media dei piloti suicidi), era di “proteggere l’Imperatore e restaurare la Sua trascendenza con l’esempio della fede, “quid” che rende felici e spinge avanti, sempre”.
I 95 si riunirono, come i famosi e leali 47 ronin (ed i malavitosi giapponesi, gli “yakuza”) mediante un taglio in un dito, riempendo col sangue comune un recipiente, dal quale ognuno bevve due – tre gocce, simbolo del comune impegno verso il sacrificio. Questo “gruppuscolo” non era considerato pericoloso , era al contrario molto coreografico ; uniformi di uno sgargiante rosso, con un taglio molto elegante, spade samuraiche antiche (Katana, Wakizashi, etc.) e via dicendo.
La sera prima portò la famiglia in un ristorante del lussuosissimo quartiere della “Ginza” (l’antica zecca della città). Era il pranzo di commiato alla vita, ma nessuno poteva prevederlo, poiché dimostrò ottimi umore ed appetito.
Il giorno fatale per MISHIMA arrivò il 26 novembre del 1970.
Si era dato appuntamento con il Generale MASHITA , Capo delle Forze Armate dell’Oriente, nel Suo ufficio sito nel Quartier Generale delle Forze di Autodifesa, Base di Ichigaya , nel centro di Tokyo. Dopo che fu entrato, senza problemi, con una scorta d’onore di quattro ufficiali “Tate no Kai”, armati come il Loro Comandante di sole armi bianche tradizionali, affilate come falci di morte, s’incontrò col Generale. Questi accennò alla preziosa spada che pendeva al fianco dello scrittore e chiese se era vera. Alla risposta affermativa, chiese Loro come potessero circolare tranquillamente ed impunemente con tali armi. I quattro ufficiali della scorta d’onore risposero che erano qualificate come “oggetti d’arte”, essendo molto antiche e preziose. Detto ciò, invitarono il moderno Shogun ad ammirare la spada maggiormente preziosa , seicentesca e firmata da un famoso armaiolo, quella di MISHIMA. Il Generale si distrasse, preso com’era dalla bellezza di quelle armi tradizionali, ed i quattro lo immobilizzarono, legandolo ad una sedia e puntandogli un pugnale alla gola : erano passati soltanto 10 minuti. Fatto ciò, i quattro, MORITA Hissho Sama, CHIBI-KOBA Sama, OGAWA Sama e FURU-KOGA Sama, dopo aver respinto senza ferirli, tenendoli a distanza, dei subalterni del Generale accorsi in Suo ausilio, si barricarono nell’ufficio. Il Generale, prigioniero indifeso, forse timoroso per la propria incolumità, chiese cosa volevano da lui, e MISHIMA gli rispose che non desiderava nulla da lui, bensì dai suoi soldati, più di 1000, ai quali voleva parlare.
Ai graduati del Generale respinti (che avevano tentato invano una sortita, costata loro cara, 7 uomini feriti a colpi di sciabola, da MISHIMA e MORITA) , fu detto di far radunare gli uomini nella piazza d’armi ; in caso contrario il Generale sarebbe stato ucciso.
Il Leader della “Tate-no-Kai” comunicò anche al prigioniero che dopo il discorso avrebbe fatto Seppuku. Pronunciato tutto ciò, MISHIMA passò sul balcone, dove cominciò a parlare. Più di 1000 uomini si riunirono ad ascoltare i Suoi discorsi patriottici. Parlò tra l’altro della necessità di riformare la Costituzione dettata (o meglio imposta per non usare ipocriti eufemismi) dagli americani , la quale vieta al Giappone di avere un proprio Esercito (gli Stati Uniti d’America permisero solo nel 1950 la costituzione di una larva di Forze Armate di Autodifesa con 75.000 uomini di organico) , predicò profeticamente un ritorno alle tradizioni, le quali erano state soppresse dal mito del “Nuovo Giappone dei transistors”, il Giappone completamente prostituito al “modus vivendi” dell’occidente statunitense.
Aggiunse che con l’attuale dipendenza dagli Stati Uniti i soldati giapponesi finiranno per essere dei mercenari al servizio degli “Yankee” e concluse, deluso e schernito dai più, dicendo : “Muoio per l’onore dell’Esercito, muoio per amore della Giustizia!”. Rientrato nell’ufficio, si tolse la giacca e fece hara-kiri gridando :
“Viva l’Imperatore, Viva il Giappone !”, tagliando per 10 centimetri e spingendo la lama 5 centimetri in profondità, quindi, un Suo condiscepolo, Gli fece da “secondo” (Kaishaku-nin), mozzandoGli la testa.
Era lo scrittore più famoso del Giappone, candidato al Premio Nobel per la Letteratura. Il Primo Ministro, SATO dichiarò : “Credo che sia stato colto da un improvviso accesso di follia”. Viva l’Imperatore e Viva il Giappone Egli disse, come l’antica nenia patriottica che dice : “Se 1000 cadono alla mia destra, e 10.000 alla mia sinistra, fa che il mio volto non divenga pallido e concedimi di morire per il Tenno”.
Poco tempo dopo, un altro componente della Tate no Kai, TSUKAMOTO Tadashi , seguirà l’esempio di MISHIMA :
infranta una vetrina del Museo di Kamazawa, estrarrà una storica spada, e con essa si squarcerà ritualmente il ventre.
Il mito di questo moderno Samurai ,che disse tra l’altro che
“Ciò che trasforma il mondo non è la conoscenza ma l’azione.”, attualmente è stato riportato in auge grazie al film del Regista americano Paul SCHRADER, che si intitola proprio come Lui, “MISHIMA”, che usando le parole del Critico Alessandra ATTI DI SARRO altro non è che una “biografia che ha come filo conduttore le sequenze dello scrittore giapponese”.
MISHIMA scrisse, nella Sua “Difesa della cultura” :
“Essere cosciente della vita e della cultura chiama al sacrifico di sé stessi per difendere la continuità stessa di questa vita. Quando si vede la cultura sprofondare nella sterilità, la sola possibilità per ridarle la vita è l’annientamento di sé stesso”. Poco prima di morire scrisse, nel Suo libro preferito, lo
” Hagakure “, breviario morale dei Samurai :
“Nella limitatezza della umana vita, io scelgo la vita dell’eternità”. Il suicidio di MISHIMA non è una conseguenza di uno stato di disperazione personale ma una esaltazione poetica della vitalità e grandezza patriottica dello scrittore, della fedeltà all’Imperatore ed ai valori tradizionali da questo incarnati, spinta ai massimi, estremi livelli.
Questi, i Suoi “Jisei Nishu” (Canti d’Addio) :
“Ancor prima delle generazioni e degli uomini riluttanti a sparire, a sparire sono i fiori e la bufera che soffia nella notte.
I foderi delle lunghe spade tintinnano quando i valorosi dopo lunghi anni di sopportazione muoiono, oggi, al primo gelo”.
Il Suo atto è stato paragonato , da molti tradizionalisti ed ideologi di destra, ad una sorta di ” piccola Pearl Harbour”.
Il motto di MISHIMA era :
“In nome del passato abbasso l’avvenire !”.
Bibliografia:
“La vita del samurai” – Bompiani
Secondo mio genero Gonnojo, gli uomini d’oggi si van facendo sempre più effeminati. E’ un’epoca, questa, in cui le persone di gradevole indole, le persone allegre, simpatiche, le persone che non mettono rancore, sono considerate virtuose. Quindi predomina la passività e la forte risolutezza non è più pregiata. (Hagakure, Libro II).
E’ un’epoca, la nostra, di “uomini graziosi e donne ardite”. Dovunque si volga lo sguardo, non mancano certo uomini simpatici. Ci circonda lo stereotipo dell’uomo gentile, benvoluto da tutti, mai abrasivo. Trabocca costui d’adattamento, di compiacenza, ma in fondo è un freddo opportunista. E’ questo che Hagakure chiama effeminatezza. La bellezza ideale non è fatta per essere amata: è bensì la bellezza della forza. Quando invece si cerca di essere belli per essere amati, ecco che comincia l’effeminatezza. Si adottano cosmetici spirituali. In un’epoca come la presente, allorché persino la medicina amara è avvolta nello zucchero, la gente accetta solo ciò che è grato al palato e facile da masticare. Il bisogno di opporre resistenza agli andazzi dell’età è lo stesso, oggi, come allora.
“Confessioni di una maschera” Feltrinelli
“Dopo il banchetto”
Feltrinelli
“Morte di mezza estate”
Longanesi
“Neve di primavera”
Bompiani
“Cavalli in fuga”
Bompiani
“Il tempio dell’alba”
Bompiani
“Lo specchio degli inganni”
Bompiani
“Lezioni spirituali per giovani samurai” Feltrinelli
Poesie di addio al mondo “Jisei”
Masurao otoko ga
tabasamu tachi no
sayanari ni
ikutose taete
kyoo no hatsushimo.
(Yukio Mishima)
Prima brina, oggi,
per il guerriero
che tante volte
si è indurito
al suono della spada sfoderata.
Chiru wo itou
yo ni mo hito ni mo
sakigakete
chiru koso hana to
fuku sayoarashi.
(Yukio Mishima)
Non importa cadere.
Prima di tutto.
Prima di tutti.
E‘ proprio del fior di ciliegio
cadere nobilmente
in una notte di tempesta.
Kyoo ni kakete
kanete chikaishi
waga mune no
omoi wo shiru wa
nowake nomi ka wa.
(Masakatsu Morita)
Oggi, nel giorno atteso,
a conoscere quello
che è racchiuso nel mio cuore,
che da tempo ha giurato,
sarà la sola tempesta?
Hi to moyuru
Yamatogokoro wo
harukanaru
oomikokoro no
misonawasu made.
(Masayoshi Koga)
Ah, l‘amor di patria
che brucia come il fuoco!
Esso durerà fin quando
avrò la forza di non
distogliere lo sguardo
da Sua Maestà Perenne.
Kumo orabi
shirayuki sayagu
Fuji no ne no
uta no kokoro zo
mononofu no michi.
(Masayoshi Ogawa)
Tra una nuvola e l‘altra
cade bianca la neve.
E‘ il cuore della poesia
che canta il Fujiyama
la vera via del guerriero.
Shishi to nari
tora to naritemo
kuni no tame
masuraoburi mo
kami no mani mani.
(Hiroyasu Koga)
Non fa differenza combattere
da leone o tigre.
Se è per la patria,
anche la vita del guerriero
e‘ accolta tra gli dei.
PROCLAMA
Letto dallo scrittore il 25 novembre 1970, pochi istanti prima del seppuku – taglio del ventre – rituale
La nostra Tate-no Kai si è sviluppata grazie al Jieitai (Forze di autodifesa) ; così possiamo ben dire, il Jieitai è nostro padre e fratello maggiore. Perché mai corrispondiamo a tale debito di gratitudine con una azione tanto ingrata? Guardando al passato abbiamo ricevuto nelle Forze di Autodifesa, io per quattro anni, gli altri membri per tre anni, un trattamento quasi come soldati del Jieitai, e un addestramento completamente disinteressato. Noi amiamo sinceramente il Jieitai, perché lì abbiamo imparato a sognare il “vero” Giappone al di fuori delle caserme militari, e proprio lì, abbiamo conosciuto lacrime virili che non avevamo potuto conoscere nel nostro Paese del dopoguerra. Abbiamo versato qui sudore genuino; abbiamo corso insieme ai camerati per le vallate del monte Fuji, accomunati dallo stesso amore per la Patria. Di questo non abbiamo il minimo dubbio. Per noi il Jieitai è stato la Patria, l’unico luogo in questo Giappone attuale indifferente a tutto, in cui si poteva respirare un’aria di intenso ardimento. E’ immenso l’affetto che abbiamo ricevuto dagli istruttori. Perché dunque, nonostante ciò, siamo arrivati al punto di intraprendere una simile impresa? Può sembrare una scusa forzata, ma affermo che ciò avvenne per amore del Jieitai. Abbiamo visto come il Giappone del dopoguerra per seguire l’infatuazione della prosperità economica, abbia dimenticato i grandi fondamenti della nazione; lo abbiamo visto perdere lo spirito nazionale e correre verso il futuro, senza correggere il presente; lo abbiamo visto piombare nell’ipocrisia e precipitare nel vuoto spirituale. Abbiamo assistito stringendo i denti, al gioco della politica interna a dissimulare le contraddizioni, mentre sprofondava nell’ipocrisia e nella bramosia di potere. Abbiamo assistito alla difesa dei particolarismi e degli interessi personali. Abbiamo visto affidare a Paesi stranieri i piani riguardanti i prossimi cento anni della Nazione; abbiamo visto l’umiliazione della disfatta nascosta per non essere cancellata, e gli stessi nostri connazionali profanare la storia e le tradizioni del Giappone. Abbiamo sognato di vedere i veri Giapponesi e lo spirito dei veri samurai sopravvivere nel Jieitai. Tuttavia è chiaro che secondo la legge il Jieitai è incostituzionale e che la difesa, problema fondamentale per un paese, è stata dimenticata con opportunistiche interpretazioni legali. Proprio in questa circostanza, perché c’è un esercito che non porta questo nome, è da ricercare la causa fondamentale della degenerazione morale e del decadimento spirituale dei giapponesi. L’esercito che dovrebbe tenere in gran conto l’onore è stato oggetto di un inganno quanto mai malvagio. Il Jieitai ha continuato a portare il disonore della Nazione dopo la sconfitta. Non è stato riconosciuto come esercito nazionale, nè come nucleo su cui costruire un corpo armato; è diventato una specie di abnorme forza di polizia. Non gli è stato neppure chiaramente indicato a chi dichiarare fedeltà. Siamo furibondi per il troppo lungo sonno del Giappone del dopoguerra. Abbiamo creduto che il risveglio del Jieitai corrispondesse al momento del risveglio del Giappone! Ci siamo convinti che il Giappone dormiente si sveglierà solo quando il Jieitai si sveglierà. Siamo assolutamente certi che dobbiamo adoperarci al massimo, pur nei limiti delle nostre umili energie, come cittadini di questa Nazione, per far sì che un giorno, con un emendamento alla Costituzione, il Jieitai assurga al suo significato originale di nucleo su cui costruire un esercito, e poi diventi un autentico esercito nazionale. Quattro anni fa, entrai come volontario nello Jieitai, avendo ben chiaro questo proposito. L’anno dopo, fondai la Tate-no Kai. Alla base di questa Associazione sta la risoluzione di sacrificare la vita, per far destare il Jieitai, per farlo diventare un esercito nazionale, un esercito con una propria dignità. Se un emendamento alla Costituzione in tal senso è ormai impossibile, la sola e unica possibilità è un’azione che mobiliti l’ordine pubblico. Noi intendiamo offrire la vita per diventare l’avanguardia di questa mobilitazione, ci proponiamo di diventare una piccola pietra su cui fondare l’esercito nazionale. L’esercito protegge la Nazione, la polizia difende la struttura politica. Quando giunge il momento in cui le forze di polizia non riescono più a difendere la struttura politica, la Nazione si sente protetta grazie all’azione delle forze armate e queste riacquistano il loro valore originario. Tale principio fondamentale, consiste esclusivamente nel “difendere la storia, la cultura e le tradizioni del Giappone fondate sull’Imperatore”. Noi, pur essendo pochi, ci siamo addestrati e ci siamo offerti volontari per rettificare i principi fondamentali della Nazione che sono stati travisati e distorti. Cosa è accaduto il 21 ottobre del 44° anno dell’era Showa (1969)? Una dimostrazione, l’ultima prima del viaggio in America del Primo Ministro, è stata soffocata dalle forze schiacciati della polizia. Ne fui testimone nel quartiere di Shinjuju (Tokio) e provai un profondo rammarico. In quell’occasione ho capito che in questo modo non era possibile far cambiare la Costituzione. Che cosa è successo quel giorno? Il governo si rese chiaramente conto dei limiti delle forze di estrema sinistra, dalla reazione del popolo nei confronti dell’intervento della polizia, non dissimile a un coprifuoco, trasse la sicurezza di poter riuscire a tenere sottocontrollo la situazione, anche senza dover arrivare alla spinosa questione dell’emendamento alla Costituzione. L’azione dell’esercito per ristabilire l’ordine pubblico divenne inutile. Il governo, per il mantenimento delle proprie strutture politiche, ha avuto la certezza che le forze di polizia erano assolutamente sufficienti. E queste non erano in conflitto con la Costituzione. Così il governo può continuare a fingere di ignorare il problema fondamentale del Paese! Il governo è riuscito a placare le forze di sinistra con la favola della difesa della Costituzione, ha rafforzato la sua politica che preferisce i vantaggi concreti all’onore, e si è proclamato difensore della Costituzione. Non curarsi della forma, dell’onore, preferire i vantaggi, per i politici può anche andar bene. Ma questi stessi politicanti non si sono accorti che per il Jieitai quell’episodio è stato una ferita mortale. Ed ecco, ancora più di prima, ipocrisia ed inganni, false promesse e sotterfugi. Questo giorno resti impresso nella vostra memoria! Il 21 ottobre del 44° anno dell’era Showa è stato per il Jieitai il giorno della tragedia. E’ giorno il giorno in cui questa organizzazione, che da vent’anni, sin dalla sua fondazione, attendeva ansiosamente un emendamento alla Costituzione, ha visto tradire in maniera definitiva ogni sua speranza. In quel giorno l’emendamento alla Costituzione è stato escluso dal programma politico. In quel giorno il Jiminto (Partito Liberale Democratico) ed il Kyosanto (Partito Comunista), che insistono sull’importanza della politica parlamentare, hanno spazzato via ogni possibilità di ricorrere a metodi non parlamentari. Così, come conseguenza logica, il Jieitai, che fino ad allora era considerato un figlio illegittimo della Costituzione, da quel giorno fu riconosciuto come “Esercito di Protezione della Costituzione”. Può esistere un paradosso più grande di questo? Da quel giorno noi abbiamo cominciato ad osservare attentamente il Jieitai. Se nel Jieitai, come avevamo sognato, sopravviveva lo spirito del samurai, come potevano i suoi membri tollerare questa situazione? Se siete uomini la vostra, fierezza virile, come può permettere tutto questo? Quando, continuando a sopportare, si oltrepassa anche l’ultima linea, che si dovrebbe difendere, è da uomo, da samurai, ribellarsi assolutamente. Noi, trepidamente siamo rimasti in ascolto. Ma nel Jieitai, non si è levata nessuna voce virile contro l’ordine vergognoso che dice:” Difendete la Costituzione che vi rinnega”! In questa circostanza, consapevoli delle vostre forze, sapendo che non esiste altra strada che quella di correggere la logica distorta della Nazione, voi del Jieitai siete rimasti in silenzio, come un canarino senza voce. Abbiamo provato dolore, sdegno e disperazione. Voi dite che non potete fare niente senza ordine. Ma, ahimè, i compiti che vi sono stati assegnati, non provengono dal Giappone. Si dice che il controllo civile sia la principale caratteristica di un esercito democratico. Ma in Inghilterra e in America, il controllo civile riguarda solo l’amministrazione finanziaria dell’esercito. Non consiste, come in Giappone, nell’essere soggiogati e maneggiati dai politici, che mutano col mutare delle stagioni, e nell’essere strumentalizzati da interessi di partito. Il Jieitai si è lasciato sedurre dalle lusinghe dei politici e percorre un sentiero che lo conduce all’autoinganno e all’autodissacrazione più profonda. Si è forse corrotto il suo spirito? Dov’è finito lo spirito dei samurai!? Il Jieitai è diventato un enorme arsenale privo di anima. Dove vuole andare? In un negoziato riguardante il settore tessile, alcuni imprenditori non hanno esitato a chiamare “traditore” il Partito Liberale Democratico (Jiminto), ma nel Jieitai nessun generale si è suicidato tagliandosi il ventre, per protesta, quando è risultato chiaro che il Trattato di Antiproliferazione Nucleare, che concerne i piani a lunga scadenza della nostra politica nazionale, era in pratica identico al Trattato ineguale del 5-5-3. E della restituzione di Okinawa che ne dite? E della responsabilità della difesa del territorio nazionale? E’ evidente che l’America non desideri che un esercito giapponese veramente autonomo difenda il territorio del nostro paese. Se il Jieitai non riacquisterà la propria autonomia entro due anni, rimarrà per sempre, come afferma la sinistra, mercenario dell’America. Abbiamo aspettato quattro anni. L’ultimo anno con ansia. Ora non possiamo più aspettare! Non possiamo più aspettare qualcuno che continua a rinnegare se stesso. Tuttavia aspetterò ancora trenta minuti. gli ultimi trenta minuti! Insorgeremo insieme e moriremo insieme per la giusta causa. Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! E’ bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! E’ il Giappone! E’ il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo. Non c’è nessuno tra voi che desideri morire per sbattere il proprio corpo contro quella Costituzione che ha evirato il Giappone? Se c’è, che sorga e muoia con noi! Abbiamo intrapreso questa azione spinti dall’ardente desiderio che voi, che avete uno spirito puro, possiate tornare ad essere veri uomini, veri samurai!
Pagina dedicata alla breve storia del grande romanziere nipponico Yukio MISHIMA, l’ultimo dei Samurai, a cura del
Prof. Dott. Dr. Luca SCOTTO DI TELLA
Presidente Internazionale – Magnifico Rettore della A.S.A.M. UNIVERSITY.
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